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Ecco come il Pdl può diventare un normale partito di destra

Con l’autorizzazione del gruppo Class Editori pubblichiamo il commento di Gianfranco Morra apparso sul quotidiano Italia Oggi diretto da Pierluigi Magnaschi.

Proposto dai nemici per la decadenza, ma anche costretto dagli amici a votare per Letta e nascondere così la guerra interna nel PdL. Il vecchio leone ha capito e si è fatto volpe. Una doppia decadenza: da parlamentare e da sovrano assoluto del partito. Un brutto colpo. Glielo abbiamo letto tutti nel volto stupito e stralunato, nello sguardo cupo e sfuggente, nel camminare incerto e stanco, che le crudeli tv ci hanno portato in casa. Durissimo per un uomo che per vent’anni ha dominato la politica, genio benefico oppure disastrosa sciagura, a seconda dei punti di vista. Sempre però il primo, capace di dare il la ai suoi e, per reazione, agli altri. Non c’erano più destra o sinistra, c’erano solo Berlusconofili e Berlusconofobi.

Ma ogni decadenza può essere il punto di partenza per un recupero. Soprattutto per il Cavaliere, che non ha nulla del «moderato», anzi il suo carattere è forte e indomabile, duro e oltranzista. E certo spera ancora di recuperare lo scettro (non solo per urgenze di impresa e di giustizia). Se c’è un «rieccolo», è Silvio. Il suo prestigio nel PdL e nell’elettorato è ancora forte. Non è la decadenza che deve preoccuparlo, ma la scadenza. L’hanno i politici come i cibi del supermercato. Un limite oltre il quale debbono lasciare ad altri il bastone di comando. Quando fecero loro le scarpe, De Gasperi aveva 72 anni, la Thatcher 65, Kohl 68.

Come ha patito due decadenze, così due sono le scadenze che lo minacciano. La prima, ovvia, è quella dell’età: per chi ha creato la sua fama sul giovanilismo, per chi ha sempre vissuto la politica come guerra, gli anni contano. Egli ne ha compiuto 77 (come «le gambe delle donne», insegna la Smorfia napoletana). Sono davvero molti, in un’epoca audiovisiva e spettacolare come la nostra, per ricominciare.

Ma la seconda scadenza è la struttura del suo (per nessuno vale questo aggettivo possessivo come per lui) partito. Che due ministri pidiellini hanno paragonato ad «Alba dorada» di destra e a «Lotta continua» di sinistra. Un partito dove, alle 12, il Dux chiede il voto contrario e gli adepti applaudono, alle 14 in parlamento impone ai medesimi di votare a favore e tutti obbediscono. Come don Abbondio: «Disposti, disposti sempre all’ubbidienza».

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