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Ecco perché la recessione non ha cambiato le politiche di Bruxelles

All’inizio della crisi, scoppiata negli USA, l’UE si dimostrò indifferente. Con l’arrivo della crisi in casa, ci sono state le prime risposte, insufficienti, alcune sbagliate ed in ritardo, anche quelle che servivano ad evitare il peggio. Una prassi a cui l’Europa ci ha abituato ormai da troppo tempo, ma che in questo caso si è rivelata dannosa e pericolosa.

Come se la classe politica sembra non avesse capito, o non avesse voluto capire, che questa volta, eravamo di fronte a qualcosa di diverso, molto seria e dagli effetti imprevedibili. Infatti si trattava e si tratta di una crisi economica epocale; ma dubito, viste le premesse, che, sebbene cosi grave, la crisi riuscirà ad imprimere una svolta alla UE, come sosteneva Monnet.

La tempesta che stiamo attraversando, trasformatasi in recessione, non appartiene ai cicli economici a cui siamo abituati, visto, com’era ovvio, che si è trasformata in catastrofe per molti Paesi dell’Eurozona.
Ha già seminato morti e distruzioni (lavoratori, giovani ed imprese)), alle quali non sarà facile porre rimedio in breve tempo. Ha rispolverato pregiudizi, ha innalzato steccati, ha provocato dolori e sofferenze che sarà difficile lenire.

Cinque anni e più di recessione, un fenomeno mai avvenuto prima, dovrebbero bastare per far aprire gli occhi a tutti; ma l’UE continua ad essere sorda ai richiami di solidarietà ed alla richiesta di “aiuto”. La sua opinione pubblica è disorientata e non capisce tali comportamenti; è male informata dai governi dei rispettivi Paesi, per cui sembra più orientata a ricercare “colpe”, a rinfacciarsi le responsabilità, a distribuire voti a questo o quel paese, piuttosto che a capire le ragioni degli altri, le cause e le responsabilità che ci hanno portato in questo vicolo cieco dentro la zona euro.

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