Da domani, la Santa Sede avrà un nuovo segretario di Stato. A un mese e mezzo dall’annuncio, Tarcisio Bertone lascerà l’incarico che ricopriva dal settembre 2006, quando fu chiamato a sostituire Angelo Sodano.
Dal Venezuela arriva Pietro Parolin, nunzio e tra i più apprezzati esponenti della diplomazia vaticana. Sul suo nome i pareri sono unanimi: è l’uomo giusto al posto giusto. Giovane (ha 58 anni), alle spalle può vantare già una carriera solida e di primo piano: attivo presso le nunziature di Nigeria e Messico (il primo incarico, nel 1986, gli viene conferito quando a guidare la “macchina” era Agostino Casaroli), dal 1992 lavorava presso la seconda sezione della Segreteria di stato. Otto anni dopo, passa alla sezione italiana, e nel 2002 diventa sotto-segretario della Sezione per i Rapporti con gli stati.
Cina e Vietnam, i dossier di Parolin
E’ lì che arriva la consacrazione definitiva: lavora ai dossier Vietnam e Cina, è lui a progettare la lettera ai cattolici cinesi del 2007, ricordata e riconosciuta come uno degli atti che più hanno qualificato il Magistero di Benedetto XVI. Proprio la capacità mostrata nel curare i rapporti con il governo di Pechino (viaggerà due volte nella capitale cinese), lo porta a essere trasferito in Venezuela come nunzio. Obiettivo: trattare e “gestire” Hugo Chavez e la sua repubblica bolivariana che mescola socialismo a cattolicesimo. Benedetto XVI ordinerà personalmente Parolin vescovo nella basilica di San Pietro.
Niente più “vice-Papa”
Parolin arriva a guidare la Segreteria di Stato nel dopo-Vatileaks. Molto è già cambiato (il Papa gestisce i dossier personalmente, spesso senza passare dagli uffici della Terza loggia) e il ruolo di Bertone in questi mesi è stato ridotto in modo drastico. Francesco ha le idee chiare: d’ora in poi non ci dovrà più essere “un vice Papa”. Collegialità sì, ma alla fine a decidere deve essere solo uno, il Pontefice. Questo è uno degli aspetti più travagliati dell’era-Ratzinger. Spesso, il teologo bavarese delegava al suo fidato segretario di Stato le scelte più delicate, creando malumori in curia e nell’episcopato mondiale. Non a caso, già qualche anno fa il cardinale tedesco Joachim Meisner (uno dei più stretti amici di Benedetto XVI), aveva chiesto al Papa di rimuovere Bertone, ottenendo un netto rifiuto come risposta. Bergoglio non ama delegare, conserva ancora la piccola agenda nera che aveva a Buenos Aires. Decide di testa sua, e spesso mette al corrente i collaboratori delle decisioni e delle intenzioni solo all’ultimo. Un esempio chiaro, in tal senso, è la scelta di andare a Lampedusa, lo scorso luglio. Un annuncio che spiazzò la segreteria di stato. Il nodo della Terza loggia è sul tavolo degli otto cardinali incaricati di riformare la curia.
Ma la Segreteria di Stato non è la priorità
Prima c’è da cambiare il Sinodo (rafforzandolo), e solo dopo si passerà alla Segreteria di Stato. L’idea è di concentrarne le funzioni e le competenze sul piano della politica internazionale, i rapporti con gli stati. Al governo della curia ci penserà il Papa, fermo restando che i capidicastero saranno maggiormente responsabilizzati. Paolo VI aveva posto la segreteria di stato al di sopra delle congregazioni, con l’intenzione di farne un raccordo tra il Pontefice e la burocrazia governativa. Oggi, però, più che raccordo e filtro è diventata un tappo. Nel corso degli ultimi anni molti prefetti e presidenti di pontifici consigli si lamentavano per l’impossibilità di accedere al Papa (erano state eliminate o quantomeno limitate anche le udienze di tabella).
Obiettivo: evangelizzare l’Asia
Nello sforzo per la nuova evangelizzazione, Parolin sembra essere la persona più adatta per aprire nuove strade alla Chiesa cattolica. Bergoglio ne è convinto. E se sarà l’Asia il continente su cui si dovrà lavorare maggiormente nei prossimi anni, nessuno meglio dell’uomo che lavorò alle relazioni con Cina e Vietnam appare l’uomo giusto. Un po’ come Casaroli fu per Wojtyla l’uomo dell’Ostpolitik. Aprendo il convegno sui dieci anni di AsiaNews che si è svolto la scorsa settimana nell’Aula magna della Pontificia Università Urbaniana, il direttore Bernardo Cervellera ha sottolineato i motivi che portano a ritenere che “in Asia si giocano i destini prossimi del mondo e della chiesa”. Non a caso, è quello il continente dove sta programmando di viaggiare per il 2013 (Corea, Giappone, Sri Lanka e Filippine si contendono la “prima volta” di Francesco in quel continente)