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Grillo, tra la dittatura e Borghezio

Il “M5S non è nato per creare dei dottor Stranamore in parlamento senza controllo” e nessun “portavoce può arrogarsi una decisione così importante senza consultarsi”.

C’è rimasto male Beppe Grillo per il fatto che ieri due dei suoi abbiano presentato in commissione al Senato un emendamento per l’abolizione del reato di clandestinità. E probabilmente c’è rimasto anche peggio per il fatto che quell’emendamento sia stato approvato, ovviamente anche con il contributo di esponenti di altri partiti.

E quindi, spalleggiato per l’occasione anche da Casaleggio, ha lanciato via blog i suoi strali contro i senatori Buccarella e Cioffi, accusati sostanzialmente – si perdoni la sintesi un po’ brutale – di pensare con la propria testa, di fare il lavoro per cui vengono profumatamente pagati, di rispettare il mandato costituzionale per cui i parlamentari non hanno vincolo di mandato e, più in generale, di intelligenza col nemico.

Insomma, per Grillo i parlamentari eletti sotto le sue insegne devono ricordarsi che sono stati messi lì per fare casino, così che poi lui possa dire “noi presentiamo proposte di legge ma gli altri cattivoni ce le bocciano”. E poi bisogna sempre interrogare la base, soprattutto – sottintende – in merito alle questioni sulle quali lui non è d’accordo.

Nella foga, dopo aver ricordato le ferree regole di funzionamento del cinquestelle, Grillo si lascia andare anche a un rigurgito del leghiamo più xenofobo, che certamente non dispiacerà a Borghezio, stabilendo che “questo emendamento è un invito agli emigranti dell’Africa e del Medio Oriente a imbarcarsi per l’Italia”.

Dimenticando che l’introduzione del reato di clandestinità, dati alla mano, non ha mai scoraggiato nessuno dall’imbarcarsi per l’Italia, ma in compenso ha ingolfato il lavoro di forze dell’ordine, procure e tribunali, con relativo costo a carico dei contribuenti.

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