Elezioni anticipate, rimodulazione della Rai, sofferenza marcata nei confronti di scelte e direzioni di marcia del Capo dello Stato, contrarietà sempre più netta alle larghe intese e sentimenti anti euro e anti tedeschi.
Sono le sintonie indirette tra Beppe Grillo e Silvio Berlusconi evidenziate, prima in punta di piedi ma negli ultimi giorni in modo più convinto, dal Fatto Quotidiano. Che, dopo le indiscrezioni riportate da alcuni quotidiani su un contatto tra il cavaliere e il prof. Paolo Becchi, assiduo frequentatore del blog grillino in qualità di autore, mette l’accento su un fil rouge che potrebbe esserci (in pratica c’è già) tra l’inventore delle tv commerciale e chi per primo in Italia ha usato la rete come mezzo di propaganda politica.
Affinità
Le piazze e i populismi si attirano? Un interrogativo, forse un po’ rude e diretto, ma che è indice di una nuova affinità, impensabile fino ad alcuni mesi fa, ma che secondo qualcuno invece covava già da tempo. Andando a rileggere alcune posizioni programmatiche, infatti, si scorgono passaggi comuni, come sulle tasse, sul controllo bancario, sulla moneta unica e sul germanocentrismo che proprio non fa bene al continente. Ma è sul fronte interno che si registrano punti di contatto determinanti, si veda alla voce Palazzo Chigi e Quirinale.
Governo
Sull’esecutivo delle larghe intese Berlusconi, pur avendo “offerto” alla causa vicepremier e quattro ministri (scelti fra le colombe dc e non tra i falchi), ha sempre avuto una posizione faticosa sull’idea stessa della coabitazione. I ragionamenti che ha fatto nell’ultimo biennio hanno avuto come minimo comun denominatore la disponibilità al passo indietro, inaugurata proprio con l’avvento del tecnico Mario Monti, la cui chiusura inaspettata, con la non fiducia del Pdl del dicembre 2012, fu essa stessa l’inizio di una nuova campagna elettorale. Un minuto dopo la chiusura delle urne di febbraio, inoltre, quando fu chiaro a tutti che i tre poli (Pd, Pdl, M5S) erano appaiati a distanze millimetriche l’uno dagli altri, il cavaliere disse chiaramente che al di là della responsabilità nazionale, una nuova consultazione sarebbe stata la soluzione più logica, soprattutto in caso di un Senato bloccato. Su Palazzo Chigi da sempre si sono concentrati gli strali dei grillini, nella consapevolezza che il “Pd meno elle” non era nelle condizioni di assicurare una sterzata al Paese proprio perché impegnato in una coabitazione con la parte avversa. E chiamando in causa anche il caso greco, con gli stessi fautori del crack finanziario ellenico chiamati a porvi rimedio.
Colle
Altro bersaglio comune, rimarcato costantemente dal quotidiano di Padellaro e Travaglio, è il Colle con una polemica che da sempre caratterizza il rapporto di Giorgio Napolitano con Berlusconi e Grillo. Il rapporto tra il Cavaliere e il Capo dello Stato non è mai stato buono, è sufficiente scorrere i vari casi di cronaca giudiziaria, personali di Berlusconi e legati alle leggi ad personam e alle decisioni di quanto era premier, per focalizzare distanze siderali: umane e professionali. Ma l’inizio dell’esperienza Monti sembrava aver sopito i mal di pancia. Grillo invece ha sempre avuto un atteggiamento di feroce critica nei confronti di Napolitano, scivolata svariate volte in accuse pesanti (l’ultima relativa all’impeachment) e offese.
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Una situazione che è “chiusa” da un cinguettio del direttore del Fatto, Antonio Padellaro, che oggi nei suoi 140 caratteri sull’argomento osserva che “iIl #Caimano cerca di far cadere il governo #Letta ma non riesce. A metterlo in gabbia i ministri #Pdl. Vendono la sua pelle per la poltrona”.