Lo scandalo Datagate rivela solo in apparenza la rilevanza della capacità di spionaggio del governo federale americano. Nella realtà, e c’è poco di cui esser lieti, quello che emerge è la forza (e la violenza) della risposta del controspionaggio realizzata con la cooperazione, quanto meno passiva, di Russia e Cina.
Il filo di Arianna delle rivelazioni di Snowden e dei suoi ambasciatori giornalistici conduce senza dubbi in questi Paesi. Il vulnus che si è aperto ed è obiettivamente grande, e grave. Grave perché in effetti corrisponde ad un disegno lucido e cinico di destabilizzazione delle relazioni fra Stati Uniti ed i suoi alleati. È innegabile che tutti tendano a spiare tutti ma anche che chi viene scoperto paga per tutti.
Le attività della Nsa trovano analogie in tutti i Paesi che possono permetterselo (che non sono pochi). Chi potrebbe dubitare che funzionari americani non siano spiati nel loro Paese e fuori? L’Europa, i singoli Stati europei non fanno eccezione. Francia e Germania hanno agenzie non poco aggressive nel campo dell’intelligence economica e gli italiani dovrebbero averlo intuito a proprie spese. Il punto quindi non è solo di regolamentare la sicurezza delle comunicazioni tutelando meglio la privacy ed i diritti dei cittadini.
Ad essere ormai oggetto di discussione è la relazione dell’Europa con il suo alleato per antonomasia. La reazione di Francia e Germania e per inerzia degli altri Paesi da corpo ad una sorta di anti americanismo di ritorno. Siamo sicuri che abbia senso allargare le sponde dell’Atlantico sulla base della retorica democratica ma a tutto favore di potenze per nulla democratiche?
Il senso della misura è una virtù di cui necessita di certo Washington ma non di meno le capitali europee.