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Il tramestio anti Renzi di D’Alema

Se vince Renzi sarà scontro politico. Il monito fu lanciato dall’ex premier Massimo D’Alema esattamente dodici mesi fa, quando i segnali di rottamazione erano ormai divenuti mantra e con le primarie del Pd alle porte. Da quel momento ha preso avvio una campagna, precisa e concisa, che vuole il navigato dirigente di scuola Botteghe Oscure sofferente di fronte agli scatti in avanti del giovane e oggi quasi segretario piddì. Un atteggiamento che si è riverberato in dichiarazioni e allusioni.

Schermaglie cinematografiche

Il punto non è solo l’accostamento cinematografico fatto da D’Alema sulle colonne del Mattino (ha paragonato Renzi a Virna Lisi nel carosello del dentifricio Chlorodont: “Con quella bocca può dire ciò che vuole”) o la replica a stretto giro dei renziani (hanno accostato l’ex premier a Gloria Swanson, protagonista di «Viale del tramonto»). Quanto il moto costante dalemiano che produce un certo tramestio antirenziano, nonostante lo sfidante alle primarie Gianni Cuperlo sia chiaramente consapevole che non potrà andare oltre il 30% dei consensi. Verrebbe da dire che il D’Alema agitatore di acque nel porto renziano intende solo rendere meno noiosa una partita dall’esito ormai scontato, ma potrebbe non essere così.

Non moriremo renziani

In questa direzione va letta l’intenzione, secondo alcune indiscrezioni ancora da verificare, di immaginare a largo del Nazareno il governatore del Lazio Nicola Zingaretti come competitor di Renzi per la futura premiership. In questo modo, quindi, da un lato si dà per contato che il sindaco di Firenze abbia già in tasca le chiavi del partito, ma soprattutto si certifica che la componente storica del Pd, quella più legata alla nomenklatura, fatica a digerire il nuovo corso anzi non lo digerirà mai (al pari dei camussiani come il viceministro all’economia Stefano Fassina). E tenta la carta disperata per “non morire renziani”.

Picconature

Un altro versante delle stilettate dalemiane al sindaco di Firenze potrebbe essere individuato nel caos dettato dal tesseramento, con gli episodi piemontesi, siciliani e pugliesi a rappresentare un fastidioso inciampo sulla strada di Renzi. Non è stato simpatico leggere di tessere fantasma, o di cittadini albanesi impiegati nelle truppe democratiche così come il senatore Esposito ha osservato nella sua intervista al Giornale. Ma è l’enfasi con cui gli episodi si sono susseguiti (e gli “ispettori” piddì inviati in loco) a far storcere il naso all’inner circle renziano, in cui qualcuno si interroga su come sia possibile che il tesseramento in alcuni comuni risulti addirittura quadruplicato. Una polpetta avvelenata? Nessuno al momento pensa minimamente a dare credito a questa ipotesi, ma più di qualcuno anche se non l’ha detta ad alta voce, quantomeno l’ha pensata.

In difesa

A replicare a D’Alema ci aveva pensato anche il deputato dem Sandro Gozi, che paragona l’ex ministro degli Esteri ai “Nilla Pizzi della politica”, perché per essere “in empatia con gli italiani anziché in antipatia e farsi capire anziché irritarsi perché non si viene capiti, può farvi vincere le elezioni”. E aggiunge: “Obiettivamente i `Nilla Pizzi´ della politica potrebbero aiutare le nuove generazioni anziché criticarle”.

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