Una liason durata giusto il tempo di sette mesi di vita parlamentare, per dirsi (già?) addio. “Possente campagna sul Fatto Quotidiano, che ha sostituito l’Unità come organo del PD (menoelle, ndr), ricca di battute e insulti contro Beppe Grillo (nuovo leghista…) e parte della rete M5S che non si prostra alle gonnelle piddine e all’ipocrisia del momento sul tema immigrazione”. Questo post sul blog del comico genovese segna plasticamente il divorzio con il giornale che, fino ad oggi, era considerato il foglio più vicino al M5S. Ma l’impressione è che la sconfessione dell’emendamento per l’abolizione del reato di clandestinità sia stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso.
Marco e Beppe
“Anche i giornalisti del Fatto non sono nostri amici”. Non solo una scudisciata contro la linea più volte espressa da Marco Travaglio e Antonio Padellaro, ma un attacco anche contro chi, come il giornalista Andrea Scanzi, aveva alzato l’asticella nel merito del confronto/scontro. A cui Gianroberto Casaleggio dedica una secca smentita: “Non mi sono mai candidato in Forza Italia. Andrea Scanzi dice il falso”. Ma cosa aveva scritto Scanzi?
Il post disastroso di Grillo & Casaleggio
E’ il titolo di un pezzo corsivato in cui Scanzi riprendeva una passata esperienza di Casaleggio, candidato in una lista civica considerata vicina al centrodestra. Situazione su cui lo stesso Scanzi controreplica alle due menti pentestellate osservando di comprendere “la rabbia di Grillo e Casaleggio: sanno che il sottoscritto, Travaglio e il Fatto hanno ragione, e sanno anche che la maggioranza di elettori e parlamentari la pensa probabilmente come noi”. Per poi attaccare: “Il loro rosicamento, per quanto infantile e masochistico, è dunque giustificato. Ne ho quindi rispetto. Mi permetto solo di rammentar loro un vecchio adagio: quando si sbaglia, si sbaglia. Quando si perde, si perde. Capita anche ai migliori. Non tutte le battaglie – e gli sfoghi – possono essere giusti. Quel post sul reato di clandestinità era e resta una cazzata titanica. E quello di stamani sul Fatto è persino peggiore. Meglio ammetterlo. Altrimenti viene il dubbio che per loro il giornalismo ideale non sia quello libero, ma quello che gli dà ragione”.
Un rapporto al capolinea
Quello tra Grillo e Il Fatto Quotidiano (clandestinità o no) è un rapporto ormai consunto, i cui strascichi si sono evidenziati nel recentissimo passato proprio in rete e sulla carta stampata. Amici da vent’anni, come si sono loro stessi definiti, adesso le cose sembrano cambiate. Nell’ottobre del 2011, sempre dalle tribune del blog di Grillo, i giornalisti del Fatto venivano considerati “schierati, residuati dell’Unità che ha sempre vissuto di contributi pubblici che attaccano il sistema con la forza di un cane da pagliaio”. Lo stesso Grillo aveva accusato Il Fatto di ospitare pubblicità a lui poco gradite con queste parole taglienti: “Chi non prende i finanziamenti pubblici e fa paginate di pubblicità dell’Eni, Telecom, dell’Expo è ancora peggio di chi prende i finanziamenti pubblici”.
Gli altri attriti Fatto-Grillo
Il caso Gambaro, le espulsioni e la sindrome Gabanelli, quando alcuni attivisti grillini, durante un comizio del comico genovese a Brescia, si rivoltarono nel maggio scorso contro i cronisti del Fatto Quotidiano, anche tentando un’aggressione fisica. La loro colpa? Aver fatto “domande del cazzo”.
Eppure il Fatto Quotidiano è notoriamente vicino al Movimento del comico genovese. Forse lo era. O forse non lo è mai stato.