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Lampedusa, il caso Frontex

Quando il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano sulla tragedia di Lampedusa ha chiesto “più impegno da parte di Bruxelles” ha fatto preciso riferimento, anche e soprattutto, a presidi adeguati lungo le coste da cui partono i viaggi di disperazione e di morte. Per questo, ha rimarcato, “non è accettabile che vengano negati a un’istituzione valida creata dalla Commissione Europea – il Frontex – mezzi adeguati per intervenire senza indugio”.

La sede

L’agenzia continentale dedita al pattugliamento del Mediterraneo, che curiosamente ha sede a Varsavia, fino ad oggi è stata protagonista di numeri più alla voce “costi” che a quella “operazioni”. E spendendo parecchie risorse in burocrazia, circa il 40% del proprio bilancio.

Le polemiche
I team di pronto intervento dell’agenzia europea vengono inviati nelle zone critiche, ma l’organismo nato nel 2005 già dopo il primo lustro di vita è stato oggetto di una critica da parte di Bruxelles circa obiettivi raggiunti e spese vive. In un comunicato ufficiale risalente al 2011 l’agenzia faceva riferimento all’opera congiunta con le autorità militari italiane di “monitoraggio sul campo di quanto accade” e di “rafforzamento della sorveglianza dei confini esterni dell’Unione europea”. Inoltre sosteneva che “l’agenzia è attenta alla situazione migratoria di Lampedusa e il monitoraggio viene effettuato in stretto collegamento con il Frontex Operational Office del Pireo, Grecia”. Ma stando purtroppo ai risultati il bilancio non può essere completamente positivo.

La risposta di Bruxelles
Chiamate in causa direttamente dal Capo dello Stato, le voci della commissione europea non hanno tardato a rispondere, anche se in termini contraddittori. Promette sostegno al nostro Paese il commissario europeo per l’Integrazione Cecilia Malstrom, nel solco di aperture sul diritto d’asilo: come dire che tutti i Paesi membri in futuro dovranno collaborare ad un’emergenza che, però, è tale oggi e ormai lo è da tempo. Anche se non manca una puntura di spillo quando osserva che “l’Europa farà di più contro gli scafisti ma l’Italia ha già avuto i fondi che servono”. Il riferimento è agli stanziamenti giunti a Roma per più di 230 milioni di euro tra il 2010 e il 2012 e altri 137 nel 2013. Casualmente gli anni in cui gli sbarchi erano diminuiti, rispetto ai numeri di quest’anno. “Studieremo nuove forme di sostegno” aggiunge il commissario svedese ma un primo passo sarebbe rendersi conto che l’Italia e la Sicilia non sono la stessa cosa di Svezia o della Baviera: non fosse altro perché primo ed unico approdo, assieme alla Calabria, delle carrette del mare.

Nel 2011
Solo due anni fa l’Agenzia Europea per la Gestione della Cooperazione Operativa alle Frontiere aveva lanciato la sua personale battaglia contro i migranti nordafricani nel Canale di Sicilia. Approntando una vasta operazione con quattro aerei, due navi e due elicotteri militari messi a disposizione da sei paesi membri al fine di operare al largo delle coste di Lampedusa. C’era in verità stata all’epoca una richiesta formale da parte del ministro degli Interni Roberto Maroni, a seguito della quale Frontex e l’Italia avevano dato avvio all’operazione congiunta Hermes 2011. Con un costo di due milioni di euro interamente coperto dalla Commissione europea.

twitter@FDepalo

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