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L’eccezionale normalità di Kim Kallstrom in una società che sogniamo prima o poi di cambiare.

(di Massimiliano Morelli e Marcel Vulpis) – Siamo schietti, il gesto esternato da Kim Källström qualche sera fa prima del calcio d’inizio di Svezia-Germania, gara valida per le qualificazioni al Mondiale del 2014, è stato un gesto di straordinaria normalità. Sì, avete letto bene, c’è scritto normalità.

“Ma come?” si chiederà qualche lettore… quello ha fatto una cosa straordinaria, s’è coccolato Max, quel bambino autistico che stava accompagnando insieme ad altri pargoli i calciatori al centro del campo… Ordinaria abitudine, che serve per avvicinare i bambini al calcio da prima serata, quel “mano nella mano” col campione di turno. C’era qualcosa che non andava in quel bambino, occhialuto e intimidito, Källström se ne è reso conto e ha smesso di fare il giocatore della Playstation. Così l’inarrivabile e intoccabile calciatore della Champions league ha staccato la spina e ‘è inchinato per blandire Max. C’è voluto poco per far fare il giro del mondo a quei momenti, immagini che immortalano la storica “prima volta” e personalmente darei un ruolo da ambasciatore Unicef al trentunenne centrocampista svedese in forza al Lione.

Per premiare la sua nobiltà d’animo, ma anche per far intuire alla stragrande maggioranza di suoi colleghi che bastano gesti semplici per laurearsi campioni. Detto fra noi, fortuna che Källström non giochi in Italia, ci sarebbe stato il rischio di qualche politico, pronto all’interrogazione parlamentare perché il giocatore ha rotto gli schemi. Invece è nato a Sandviken, altra cultura, altra mentalità, altra gente. Buon per lui, altrimenti avrebbe fatto la fine di Simone Farina, quel terzino del Gubbio che denunciò il calcioscommesse edizione 2011. Talmente ammirato in Italia, che dopo avergli dato qualche pacca sulle spalle e avergli fatto fare un viaggio premio nel raduno della Nazionale, adesso c’è chi neanche si ricorda come si chiama e cosa fece. In compenso quelli dell’Aston Villa, l’hanno assunto nel ruolo di community coach, con il compito di insegnare ai giovani del settore giovanile le regole di lealtà sportiva. Anche lì altra cultura, altra mentalità, altra gente.

Sono questi i gesti unici ed eccezionali per la loro normalità, in un mondo del calcio (a partire da quello italiano) dove il tema del giorno è se sospendere o meno la curva ultras di turno per presunta o vera “discriminazione territoriale”. Di fronte a questi gesti un concetto si accende subito nella mente di ciascuno di noi: la speranza. La speranza di un mondo migliore, di un calcio più umano, la speranza di vedere calciatori che non scioperino per la tassa sul 75% degli emolumenti (nel caso superino il milione di euro), come sta avvenendo in Francia, ma per i diritti violati dei bambini piuttosto che dei lavoratori. Sarebbe bello vedere in prima fila, Francesco Totti (peraltro molto impegnato nel sociale), per esempio, davanti al ministero dell’Economia per lottare insieme ai precari di questa o quella azienda in cassa integrazione, perchè anche lui come tutti i calciatori professionisti fa parte di questa società. Sarebbe bello, ma sognare, come il bambino Max autistico, non costa nulla…Hai visto mai, che prima o poi, questa nostra società possa cambiare per il gesto eccezionale, per la sua normalità, di un “fortunato” come Kim Kallstrom.

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