In uno studio (scaricabile in versione completa a fondo pagina) si applica a ritroso nel tempo la metodologia di proiezione della spesa sanitaria utilizzata da Ocse-Ecofin basata sui profili di spesa pro-capite per fasce di età. Si ricostruisce l’incidenza della spesa sul Pil tra il 1988 e il 2012 e la si confronta con il dato storico.
Se si chiede che l’esercizio replichi esattamente l’incidenza della spesa sanitaria sul Pil registrata tra il 1988 (anno base) e il 2012, la spesa pro-capite del 1988 deve crescere al tasso di crescita del Pil pro-capite maggiorato di 0,5 p.p.. Una prova che, ultimi 25 anni, in Italia l’elasticità della spesa pro-capite al Pil pro-capite è stata superiore all’unità.
Ma è anche vero che negli ultimi 25 anni la policy ha interferito spesso e anche in maniera significativa con la dinamica della spesa. Sono state necessarie azioni di compressione e di rallentamento che fanno dubitare, adesso, che l’evoluzione della spesa contabilizzata sia rimasta nel tempo coerente con il fabbisogno. Un dubbio che trova amplificazione nel fatto che, mai dalla nascita del Ssn ad oggi, è stata compiuta una qualche verifica circostanziata dell’adeguatezza tra le risorse spese e le prestazioni da fornire (i Lea).
Nei circa 10 anni da quando son comparse, il dibattito sulle proiezioni di medio-lungo periodo della sanità ha visto, soprattutto in Italia, il confrontarsi di due filoni di pensiero spesso rigidi sulle loro posizioni. È certo, questa, una semplificazione dei contenuti, ma ha una verità di fondo: da una parte i sostenitori di elasticità al Pil superiori all’unità, dall’altra quelli a sostegno di dinamiche più contenute e stabilizzate. È sopraggiunta anche una colorazione pseudo “politica”: i primi favorevoli allo sviluppo dell’offerta privata, i secondi a difesa del pubblico, entrambe le parti spesso confondendo erogazione e finanziamento delle prestazioni.
I termini del dibattito dovrebbero essere più costruttivi, e una migliore comprensione degli esercizi di proiezione, a partire dalla scelta delle ipotesi, favorirebbe l’obiettività e il disegno della policy.
Se si rimarca che, in percentuale del Pil, l’Italia dedica alla sanità pubblica meno della media dell’Area Euro, non si può, allo stesso tempo, negare che se oggi l’Italia fosse allineata a quella media i tassi di crescita storicamente osservati nella spesa pro-capite sarebbero stati significativamente più alti dei tassi di crescita del Pil pro-capite. E, se è giusto che la finanza pubblica si sforzi, in quantità e qualità, di non lasciare l’Italia indietro rispetto alla sanità dei Partner AE, allora si deve riconoscere che una dinamica forte come quella già vista può ripresentarsi anche in futuro, e che è necessario approntare per tempo idonee modalità di copertura.
È questa la prospettiva migliore con cui guardare alle proiezioni e, in particolare, a quel parametro “della discordia” così pesante per la policy: forti dinamiche attese non implicano in alcun modo fuga dal Ssn, ma al contrario necessità e urgenza di ammodernarlo e rinforzarlo per tenerlo all’altezza dei fabbisogni e della missione. Prefigurare esigenze di spesa in crescita, anche in forte crescita, non lancia il messaggio “si spenda di meno per il Ssn”; altrimenti basterebbe, probabilmente, soltanto aspettare senza far niente.