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Scelta civica, il dissenso è ammesso?

La mia adesione al documento votato dal Comitato direttivo di Scelta civica è condizionata ad alcuni chiarimenti che, mi auguro, possano emergere dal dibattito. Innanzi tutto espongo il mio punto di vista personale. A me non sembrerebbe affatto scandaloso che Scelta civica diventasse una componente essenziale di un’alleanza riferibile al Ppe, alternativa alla sinistra, aperta anche a settori moderati ora interni al Pdl.

Comprendo però che questa prospettiva è oggi impraticabile, fino a quando non sarà “superato” il problema della leadership di Silvio Berlusconi e di una cultura politica deviata dalle sue esigenze personali e soprattutto dalla ricerca ad ogni costo del consenso elettorale. O se, comunque, una parte del Pdl non avrà distinto il suo percorso da quello del Cavaliere. Ed è per questi motivi che, negli ultimi giorni, non ho condiviso talune iniziative, a mio avviso quanto meno premature e perciò a rischio di equivoco. Allo stato, Scelta civica, pur senza rinunciare all’iniziativa politica, può solo essere se stessa e radicarsi nel territorio.

Ma, tutto ciò premesso, la domanda che mi pongo è un’altra: una posizione come la mia, alla luce del documento approvato, è legittima e compatibile con quella che viene definita “identità plurale” di Scelta civica? Mi rendo conto che qualunque linea politica dovrà misurarsi, democraticamente negli organi dirigenti e nei congressi, con proposte ed opinioni differenti, senza prestarsi a “fughe in avanti”. Chiedo però che non vi siano, in partenza, linee politiche “più uguali” delle altre e ritenute più coerenti con i valori fondativi del movimento.

Giuliano Cazzola, coordinatore dell’Emilia Romagna

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