Per comprendere il funzionamento del programma di sorveglianza elettronica della National Security Agency americana non si può prescindere dai metadati – numeri chiamati, durata delle telefonate, identità di ricevente e chiamante – che rappresentano il vero cuore dei segreti divulgati dalla talpa Edward Snowden.
TUTTI SONO SPIATI
Ma cosa sono e come funzionano? Prova a spiegarlo Giuliano Tavaroli, ex responsabile della sicurezza Telecom e del Gruppo Pirelli, che su Repubblica, in un pezzo a firma di Carlo Bonini, “smonta” la difesa Usa secondo la quale le telefonate degli alleati sarebbero state solo tracciate.
“Cosa vuol dire – argomenta Tavaroli – che le conversazioni degli italiani non sono state ascoltate?… Oggi, ogni comunicazione che passa attraverso le reti telefoniche è digitalizzata. Anche le conversazioni in voce. Non c’è qualcuno che ti ascolta. Semplicemente, tutto quel che dici, esattamente come ogni operazione in rete, diventa un pacchetto di byte che viene registrato e poi, se ritenuto utile, analizzato o ascoltato da software di riconoscimento vocale o semantico. Poi. Non prima“.
UN TRAFFICO MONDIALE
Uno scenario, quello descritto dall’ex responsabile della sicurezza Telecom, che seppur noto agli addetti ai lavori, aggiunge elementi di inquietudine per l’opinione pubblica, che si chiede: chi e come utilizza questo fiume di informazioni elettroniche? “Tutti spazzolano i metadati. Tutti. Da almeno 10 anni. E i metadati viaggiano in strutture che hanno dei punti fragili. Dove quei dati possono essere o “hackerati” o semplicemente scambiati“, come ha rivelato a Le Monde un alto funzionario dell’intelligence francese che ha ammesso che il governo di Parigi concede “agli americani traffico dati tra estero e Francia” in cambio di “traffico dati in zone del mondo in cui” i transalpini sono “assenti“.
L’HUB DI MILANO
Ma il quotidiano diretto da Ezio Mauro illustra nel dettaglio anche la casa e i rapporti domestici e internazionali che regolano l’uso di questi byte che hanno dato vita al caso Datagate. “Il mercato italiano è il “Mix” di via Caldera, a Milano, uno dei sei nodi di “interconnessione” del traffico telefonico e internet dell’intero pianeta. Un “punto di interconnessione multipla”, dove il traffico dati italiano, come pure quello proveniente dall’estero attraverso cavi sottomarini e obbligato ad attraversare l’Italia, si connette con le reti degli operatori telefonici e gli internet provider su cui le reti elettroniche a strascico dell’americana Nsa e dell’inglese Gchq hanno o possono avere accesso. Qui… arrivano i cavi di Telecom Sparkle con il traffico generato nel nostro Paese destinato… a interconnettersi con i giganti della Rete. Tra i 132 operatori connessi al “Mix”… ci sono infatti gli americani At&T, Amazon, Facebook, Google, Microsoft, Verizon“.
SENZA CONTROLLO
Ma chi controlla cosa viene scambiato? “Nessuno – racconta a Bonini una fonte interna alla compagnia – fa contratti di servizio con gli operatori privati che si interconnettono. Non con governi. Diverso è il discorso di Telecom e cioè di chi consegna il traffico a Sparkle. Telecom può eventualmente stringere accordi con i suoi partner, provider o carrier esteri, sul tipo di metadati da mettere a disposizione“. Conversazioni, mail, record bancari, banche dati.