Oltremanica non ci si è mai sperticati in lodi eccessive verso la politica economica italiana. Da Londra giungono puntualmente ramanzine rivolte a questa o a quella manovra, rimarcando con stupore e un pizzico di sdegno la distanza tra il (presunto) regno dorato del liberismo e della meritocrazia e la protezionista e arcaica Italia. Valutazioni spesso scevre da numeri e da contesti, considerato che anche il Regno Unito non se la passa proprio bene oltre ad aver fatto ampio ricorso a Stato, interventi pubblici diretti e a garanzie pubbliche per ravvivare l’economia e la finanza, ma tant’è; ciò non ferma gli aedi del libero mercato, che continuano a propinare al nostro Paese lezioni ad oltranza.
LE BACCHETTATE DELLA CITY
L’ultima in ordine di tempo arriva proprio oggi, da un pungente editoriale del Financial Times, che sottolinea il “passo falso del premier Enrico Letta” che avrebbe inaugurato a Roma una nuova stagione di “protezionismo industriale“.
I TRE PECCATI DI LETTA
Un “brutto spettacolo” quello offerto dal governo italiano, scrive il quotidiano della City, che sottolinea come in pochissimo tempo Letta abbia tentato, attraverso l’intervento diretto o indiretto dello Stato, di ostacolare molte trattative riguardanti società italiane. In primo luogo la cessione di Alitalia ad Air France-Klm, impedita attraverso l’iniezione nella compagnia di capitale di Poste italiane; poi il salvataggio di alcune controllate di Finmeccanica, come AnsaldoEnergia, tutelate da Cassa Depositi e Prestiti; infine il tentativo di proteggere la rete Telecom dall’assalto degli spagnoli di Telefonica.
LA PROMESSA TRADITA
La rinascita del nazionalismo italiano nel campo degli affari – spiega il FT – “getta un’ombra sulla sincerità” di Letta. Il primo ministro ha più volte detto che vuole che l’Italia attiri più capitali esteri. Il suo governo ha approvato un pacchetto – Destinazione Italia – finalizzato ad attirare gli investitori stranieri con la promessa di incentivi fiscali e meno burocrazia. Un intento sponsorizzato anche con un tour negli Usa.
Tuttavia, rileva il giornale economico, “la strategia di Roma per Alitalia invia un messaggio contraddittorio. Dire che il Paese è aperto al business è facile. Scagliarsi contro quando una società straniera bussa alle sue porte dell’Italia è però ciò che conta“.