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Così Italia e Usa conducono la guerra al terrore in Africa

L’Africa sempre più crocevia della guerra al terrorismo, un nemico impalpabile eppure rigidamente organizzato, come dimostrano gli esiti discordanti dei ultimi blitz condotti dagli Usa in Libia e Somalia.

DOPPIA OFFENSIVA
I Navy Sealsriassume il sito di intelligence Silendo – sono sbarcati ieri all’alba sulla spiaggia di Barawe, a sud di Mogadiscio per catturare un capo del movimento Shabab, Mukhtar Abu Zubery, alias Godane. Un’operazione pianificata una decina di giorni fa e collegata al massacro nel centro commerciale Westgate di Nairobi. Quasi nelle stesse ore cadeva in mani americane a Tripoli, Nazih Abdul-Hamed Nabih al-Ruqai, nome di guerra Anas al-Liby. Membro di al-Qaeda al quale viene addebitato un ruolo chiave nei sanguinosi attentati alle ambasciate Usa in Kenya e Tanzania del 1998, era ricercato da tempo da Washington che aveva posto una taglia di 5 milioni di dollari sulla sua testa; è stato intercettato da un team delle forze speciali Usa.

IN LIBIA
Secondo il New York Times, al-Liby sarebbe stato preso per le strade di Tripoli da un gruppo di non meglio precisati “uomini armati“. Il Federal Bureau of Investigation (Fbi) ha offerto 5 milioni di dollari a chi forniva informazioni per la sua cattura. “La cattura o l’uccisione di Anas al-Liby sarebbe un nuovo colpo a quello che resta dell’originali organizzazione di Al Qaeda dopo la campagna americana che va avanti da 12 anni per catturare o uccidere la sua leadership“, scrive il quotidiano della Grande Mela, sottolineando che al-Liby non avrebbe avuto un ruolo nell’attacco al consolato americano di Bengasi lo scorso anno, ma potrebbe aver giocato la propria parte nel cercare di costruire una rete fra quello che resta di al-Qaeda e i militanti in Libia. Anas al-Liby, come indica il nome di battaglia, è nato proprio in Libia, 49 anni fa. Si ritiene che sia entrato in contatto con l’organizzazione di Osama bin Laden agli inizi degli anni ’90, quando i due si trovavano in Sudan. Si sarebbe successivamente trasferito in Gran Bretagna, dove gli è stato concesso asilo politico. Dopo gli attacchi del 1998, la polizia britannica ha compiuto un raid nel suo appartamento, dove ha trovato un manuale di addestramento per terroristi di 18 capitoli in arabo, dal titolo “Studi Militari per la Jihad contro i tiranni“, che includeva indicazioni su attacchi con bombe, torture, sabotaggi e travestimenti.

Anas al-Liby (foto: Fbi)
Anas al-Liby

IN SOMALIA
Minor fortuna, invece, per la missione somala, in un’operazione di anti-terrorismo contro il gruppo al-Shabab. Il raid, specifica un ufficiale Usa a sua volta rimasto anonimo, è stato condotto da membri del Seal Team Six, la stessa unità che che ha la responsabilità per le attività di anti-terrorismo nel Corno d’Africa e che uccise Osama bin Laden in Pakistan nel 2011. Ma in questa occasione – racconta il Washington Post – la squadra ha trovato resistenza e, dopo 15-20 minuti di scontro a fuoco, il responsabile dell’operazione ha deciso di interrompere la missione a lasciare l’area.

L’operazione somala (foto: Selected wisdom)
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IL RUOLO DELL’ITALIA
Operazioni, quelle contro i gruppo terroristici, spesso complesse, ma che gli Usa non affrontano da soli. Nelle offensive africane degli States è sempre più importante il ruolo rivestito dall’Italia. Con le basi di Sigonella e Vicenza a sostenere le operazioni segrete Usa, retrovie per le unità speciali, come spiega Guido Olimpio sul Corriere della Sera.
In installazioni cruciali come quella siciliana, prosegue, sono ospitati reparti speciali e i droni da sorveglianza Global Hawk, mentre Aviano è un avamposto importante per il Comando Africa. Un’inchiesta della rivista Mother Jones – continua il quotidiano di via Solferino – ha censito 59 siti militari americani in Italia, 13 mila soldati e un budget di 2 miliardi di dollari spesi dalla fine della Guerra fredda nel nostro Paese.
Fondamentali, poi, le postazioni nei Paesi africani, dalla quale partono droni da attacco, aerei per la guerra elettronica, nuclei d’élite contro le formazioni qaediste regionali. Un apparato integrato con l’assistenza diretta a truppe locali. Ecco perché l’Uganda o le spiagge somale sono il nuovo campo di battaglia della guerra di Barack Obama.

LE PROTESTE DEL GOVERNO LIBICO
Questa doppia operazione americana porta con sé anche degli strascichi. Le autorità libiche hanno chiesto spiegazioni a quelle statunitensi per la cattura di al-Liby, che gli Stati Uniti hanno poi condotto in un luogo segreto all’estero. Si tratta della prima operazione di questo tipo condotto dagli Stati Uniti in Libia senza alcun coordinamento col governo locale ed è avvenuta dopo l’uccisione avvenuta un anno fa dell’ambasciatore Usa in Libia, Christopher Stevens. Le autorità di Tripoli hanno definito questo blitz “una violazione della sovranità nazionale“. In una nota hanno ricordato a Washington “i rapporti strategici esistenti tra i due Paesi” paventando la possibilità “che questi episodi possano minarli“. Dal canto suo gli Usa, tramite il proprio Segretario di Stato John Kerry, hanno fatto sapere che Tripoli non è stata informata in conformità con la consuetudine di Washington di “non entrare nei dettagli” di tali operazioni con dei governi stranieri, ma che la Casa Bianca considera l’operazione “appropriata e legittima“.
Al contrario, la Somalia ha affermato di aver collaborato “con partner internazionali nella lotta al terrorismo“.



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