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Io, socialista e craxiano, sto col Nuovo Centrodestra. Parla Sergio Pizzolante

Conquistare l’egemonia politico-culturale del vasto universo moderato. È l’ambizioso progetto lanciato dal Nuovo Centro-destra guidato da Angelino Alfano, nato dall’implosione del Pdl e dal tramonto di un orizzonte bipartitico della vita pubblica e istituzionale. La neonata formazione si prefigge l’obiettivo di aggregare le energie disperse del campo alternativo ai progressisti e potrebbe costituire un polo di attrazione per tutti coloro che si richiamano al Partito popolare europeo. Poi lavorerà per contribuire alla costruzione di una coalizione ampia e plurale del centro-destra, che comprenda la rinata Forza Italia, la galassia della destra, la Lega Nord. Per comprenderne le prospettive Formiche.net ha interpellato Sergio Pizzolante, deputato del NCD di storia socialista. Anzi, craxiana.

Perché ha aderito al Nuovo Centro-destra?

Nel 1994 la novità Forza Italia ebbe la funzione di riempire il vuoto lasciato dal pentapartito, che a causa del “golpe” compiuto con violenza brutale dai magistrati di Mani Pulite era stato raso al suolo e ridotto alle macerie. Silvio Berlusconi seppe dare voce e casa a esperienze politiche di varia provenienza. Al contrario, la rinata Forza Italia si colloca in un alveo estremista, massimalista, antagonista.

Cosa vi trova di estremista?

Parlo di comportamenti e di cultura politica. Non si può partecipare alla nascita del governo di larghe intese voluto da un Capo dello Stato che abbiamo contribuito a rieleggere e poi bombardare per settimane esecutivo e Quirinale. Non si può agire in termini di ricatti e ultimatum anziché intraprendere un confronto alto sulle strategie per combattere la crisi economico-sociale. Non si può lavorare per la caduta del governo in una fase così drammatica per il Paese. E non lo si può fare senza un’alternativa migliore rispetto all’alleanza che oggi sostiene Enrico Letta. Perché l’alternativa è un esecutivo tutto di sinistra fondato sull’asse PD-SEL-M5S, o un voto anticipato dall’esito disastroso per il centro-destra: un regalo a Matteo Renzi vista l’impossibilità per il Cavaliere di ricandidarsi. Comportamenti che, invece di riempire un vuoto di culture moderate e riformiste, lo hanno creato.

Non vi è contraddizione tra un laico-socialista e un gruppo dalla forte impronta cattolico-popolare anche sui temi etici

L’incapacità di comunicazione e l’incompatibilità tra culture laiche e cattoliche le abbiamo superate da tempo. Già lo facemmo con la Forza Italia del 1994. E oggi, da socialista orgoglioso legato a figure come Bettino Craxi, ho trovato una nuova casa. Naturalmente parliamo di un filone laico, liberale, riformista e non laicista. E di un orizzonte cattolico-popolare, non teo-con né clericale. Si tratta dei mondi che grazie al pentapartito degli anni Ottanta si sono incontrati e hanno ben governato l’Italia. Come all’inizio del Novecento, quando con Giovanni Giolitti, Giuseppe Zanardelli e Filippo Turati realizzarono grandi conquiste e progressi. E come nel 1948, quando Alcide De Gasperi e Giuseppe Saragat posero le fondamenta per la ricostruzione nella libertà e nella democrazia.

Vede una deriva laicista in Forza Italia?

Per un singolare paradosso FI rischia di trasformarsi nell’incontro tra laicisti e clericali. Mentre è una ricchezza l’articolazione culturale del nostro movimento, che prende il nome di Nuovo Centro-destra soltanto per la necessità di restare in uno schema politico bipolare rispetto a una sinistra imbevuta di giustizialismo conservatore, figlia della mentalità consociativa catto-comunista e aliena rispetto al progressismo riformista europeo. Con la quale siamo alleati esclusivamente per la drammaticità della crisi.

Quale sarà l’approdo della vostra formazione?

Riteniamo che un’epoca sia giunta al tramonto e che sia doveroso costruire un nuovo centro-destra guidato da Alfano, quanto di meglio il nostro mondo abbia espresso negli ultimi anni. Per realizzare uno Stato più leggero con meno tasse e meno burocrazia. Non è un’iniziativa minoritaria per sedersi a tavola con altri, ma un’ambizione più grande. È evidente che Berlusconi gode del favore di molti italiani, anche per l’aggressione mediatico-giudiziaria che sta subendo. Però mentre nel 2008 l’intera alleanza moderata raggiunse il 48 per cento dei voti, oggi le stime attribuiscono a Forza Italia il 14 per cento dei consensi. Il che vuol dire che esistono ampi strati sociali del centro-destra – piccoli imprenditori, artigiani, lavoratori dipendenti del privato – che hanno optato per l’astensione o per la scelta del Movimento Cinque Stelle. Un terreno amplissimo da coltivare e che apre margini enormi di crescita politica.

Chi sono i vostri partner privilegiati?

Noi combattiamo contro ogni progetto neo-centrista, a cui non siamo interessati. La prospettiva immediata è vivere e costruire il nuovo movimento sul piano organizzativo, identitario, programmatico, rilanciando le battaglie storiche del centro-destra nel campo delle libertà civili e delle libertà economiche. Completato questo lavoro, costruiremo relazioni con chi può avere interesse verso un percorso condiviso: popolari e riformisti, cattolici e laici di ogni provenienza.

Come pensate di organizzarvi in vista delle elezioni europee?

Il voto per l’Assemblea di Strasburgo è regolato da un meccanismo pienamente proporzionale, che permetterà a ogni forza di costruire e misurare il proprio consenso. È ciò che faremo presentandoci in completa autonomia rispetto ai nostri potenziali alleati.

Ritiene realistica e auspicabile una futura coalizione con Forza Italia?

Senza dubbio. Non vogliamo intraprendere percorsi conflittuali bensì distinti, in un’alleanza ampia con FI e tutte le altre componenti del centro-destra, dalla galassia della destra fino ai cattolici-popolari di varia collocazione, passando per Fermare il declino e la Lega Nord.

Non rischiate di creare coalizioni eterogenee come l’Unione guidata da Romano Prodi?

Non vedo tale pericolo. Vogliamo coagulare forze omogenee attorno a un progetto di respiro maggioritario.

Forse era più limpido e coerente creare una sezione italiana del PPE alternativa alle altre forze del centro-destra.

Il Partito popolare europeo non è più l’Internazionale democratico-cristiana, poiché è diventata la casa di cattolici, liberali e riformisti moderni. Pertanto nessuno può appropriarsi a priori di quel simbolo e di una realtà che in Italia deve essere frutto di una costruzione politica condivisa tra più soggetti.



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