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Cancellieri si difende ma non convince tutti

Non si arrestano le polemiche politiche sulla vicenda di Giulia Ligresti, in carcere per l’inchiesta Fonsai, e poi passata ai domiciliari grazie al presunto intervento del ministro della Giustizia Anna Maria Cancellieri. Il procuratore capo di Torino, Giancarlo Caselli, ha comunque sottolineato che sui “domiciliari non c’è stata alcuna influenza esterna“.

LA VICENDA
Il Guardasigilli, stando a quanto riportato dalle cronache in base alle carte dell’inchiesta di Torino che contengono il testo di alcune intercettazioni telefoniche, avrebbe parlato a due vice capi dipartimento del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria per agevolare la scarcerazione della Ligresti. La decisione sarebbe stata presa dopo aver ricevuto una richiesta di aiuto da parte dello zio della figlia di Salvatore Ligresti, preoccupato per le condizioni psicofisiche della giovane.

LE ACCUSE
Ad esprimere un giudizio netto sulle responsabilità del ministro della Giustizia sono due testate di primo piano come La Repubblica e Il Fatto quotidiano che ne chiedono senza mezzi termini le dimissioni.
La prima, in un commento non firmato comparso sul proprio sito web, sostiene che “c’è una sola cosa che la Cancellieri non ha mai detto davanti alle richieste dei Ligresti, la più semplice: sono il Guardasigilli, ho dei doveri di Stato. Questa mancanza e quella premura imbarazzano le istituzioni. Il ministro ne tragga le conseguenze“.
Altrettanto duro il quotidiano diretto da Antonio Padellaro, che assegna al titolare del dicastero l’appellativo di “Guardaligresti” aggiungendo, in un editoriale a firma di Marco Travaglioche “in un paese normale il ministro della Giustizia non parla con i parenti di un’amica arrestata per gravi reati, rassicurandoli con frasi del tipo: “Qualsiasi cosa io possa fare, conta su di me”. Né tantomeno chiama i vicedirettori del Dipartimento Amministrazione penitenziaria per raccomandare le sorti dell’amica detenuta. Ma, se lo fa e viene scoperto da un’intercettazione telefonica (sulle utenze dei familiari della carcerata), si dimette un minuto dopo”.

LE POSIZIONI DEI PARTITI
In una nota Palazzo Chigi si dice sicuro che il ministro saprà chiarire la vicenda quando martedì riferirà a Senato e Camera.
E le forze politiche l’aspettano al varco. Per il responsabile Giustizia del Partito Democratico, Danilo Leva, occorre “chiarezza e trasparenza” sulla vicenda e “il passaggio alle Camere è necessario proprio per tutelare la credibilità delle Istituzioni che tutti insieme rappresentiamo“. “Siamo i primi – chiosa – a non accettare facili strumentalizzazioni della vicenda ma, allo stesso modo, non ne consentiamo una sua minimizzazione. Le carceri – conclude – sono piene di migliaia di persone, poveri Cristi, che non hanno il numero di cellulare del ministro o di altri parlamentari da poter chiamare. Per loro e per i loro familiari c`è bisogno di chiarezza e trasparenza“.
Più pungente la reazione del Pdl, che affida al senatore Maurizio Gasparri le sue accuse di “doppiopesismo”. Non si capisce, incalza, “perché Berlusconi per vicende assai meno rilevanti e penalmente inesistenti, si debba beccare una condanna incredibile a sette anni mentre altri sono campioni di solidarismo umanitario. I paragoni saranno facili e martellanti fino a quando quella assurda vicenda finirà come merita, nel tritacarte“.

Chi invece punta alle dimissioni del ministro sono i parlamentari del Movimento 5 stelle.

LA DIFESA
Nonostante il fuoco incrociato, intervistata dal Tg1 la Guardasigilli ha ostentato sicurezza, dicendosi “serena” e “pronta a rispondere a ogni domanda“. “Il mio intervento – ha ribadito – è stato per una detenuta che rischiava di morire. Se Giulia Ligresti si fosse uccisa io non sarei stata responsabile? Rifarei ciò che ho fatto”.
Martedì il ministro riferirà alle Camere e, a quanto si apprende da via Arenula, al ministero stanno raccogliendo un dossier che documenta le segnalazioni fatte al Dap in altri casi di detenuti che si trovavano appunto in condizioni delicate, per motivi di salute o umanitarie.


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