Skip to main content

Così il mondo può salvarsi dall’emergenza alimentare

Nel 2050 la Terra ospiterà circa 9 miliardi di persone. E il soddisfacimento della domanda crescente di cibo sarà uno dei problemi primari da affrontare per una popolazione mondiale che cresce o vive più a lungo in modo costante tanto nei Paesi occidentali quanto in quelli in via di sviluppo.

Come sfameremo tanta gente? È la domanda centrale di Geopolitica del cibo – Una sfida per le grandi potenze” (Rizzoli), nuovo saggio di Giancarlo Elia Valori, manager di lungo corso, docente universitario e osservatore della situazione politica ed economica internazionale.

L’agricoltura e i processi di produzione – spiega Valori nel suo libro, presentato lo scorso 21 ottobre a Recanati – giocheranno nei prossimi anni un ruolo cruciale nelle politiche degli Stati.
I numeri dicono già tutto. La Fao – l’organizzazione per il cibo e l’agricoltura delle Nazioni Unite – ha calcolato che entro la metà di questo secolo ci sarà bisogno del 70 per cento in più degli alimenti prodotti oggi. In meno di dieci lustri potremmo dover produrre più cibo di quanto non ne sia stato necessario in 10mila anni di agricoltura. Il tema è per ora confinato a dibattiti tra addetti ai lavori, ma potrebbe diventare presto un importante punto geopolitico. Potrebbe essere definita la “globalizzazione del cibo“.

Già oggi un miliardo di persone muore di fame, contrapposta a un miliardo di obesi. La guerra per il cibo è fatta di cifre vertiginose. E, fiutando l’affare, la speculazione della finanza si è buttata sui titoli agro-alimentari e, insieme all’attuale modello agricolo è secondo molti osservatori la principale responsabile di una bolla dei prezzi che, spiega l’autore del libro, “ha fatto impazzire l’intero sistema economico di riferimento dei mercati locali contro quelli globali“.

La produzione e la distribuzione di cibo – racconta Valori – “è dominata da poche multinazionali che impongono i loro prezzi e i loro prodotti sfruttando la connivenza dei governi per stabilire la loro egemonia nelle aree geografiche in crescita e le tecniche della pubblicità per conquistare le masse degli ex poveri ai gusti e alle abitudini alimentari occidentali“.

Ma non tutto è perduto. C’è tempo, secondo il saggista, per avviare una alimentazione sostenibile. Come? “In primo luogo contenendo i costi “neri” nei Paesi terzi e riducendo i costi indiretti sui prodotti nei Paesi del Primo mondo“. Solo attraverso “un cambiamento radicale dei modelli di produzione” – è convinto Valori – sarà possibile impostare una nuova logica produttiva “efficiente” e ridurre gli effetti economici, sociali e ambientali dell’emergenza alimentare per l’intero Pianeta.

CONDIVIDI SU:

Gallerie fotografiche correlate

×

Iscriviti alla newsletter