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Ecco perché le municipalizzate dei trasporti hanno i motori fusi

Buchi finanziari, disservizi diffusi, inefficienze. Con cittadini e istituzioni in preda a una crisi di nervi. E’ quanto si evince dal dossier municipalizzate al centro di un report pubblicato dall‘istituto Bruno Leoni curato da Francesco Gastaldi, Lucia Quaglino, Carlo Stagnaro, “Il trasporto pubblico locale e la concorrenza”. Un’occasione per approfondire la delicata tematica, sviscerandone analisi, dinamiche e prospettive.

IL CASO LIGURE
Il mantra del report è “cambiare paradigma per salvare il servizio”, con in evidenza il caso ligure balzato agli onori della cronaca nell’ultima settimana. Il trasporto pubblico locale non solo è al centro di feroci polemiche, con tagli verticali a risorse e sussidi, ma anche la dinamica con cui la questione viene affrontata “lascia trasparire un forte senso di inerzialità, anche rispetto ai cambiamenti intercorsi nell’organizzazione sociale ed economica degli ambiti urbani negli ultimi decenni, in quanto si limita a una sorta di aritmetica finanziaria”, secondo i ricercatori del pensatoio liberista.

CRITICITA’
Il nodo è quello della riduzione dei servizi, extrema ratio a cui le aziende ricorrono quando vengono meno le disponibilità finanziarie. Secondo lo studio, tuttavia, tale polmone ha effetti limitati “perché comunque le aziende di Tpl devono sostenere uno zoccolo molto elevato di costi fissi, riconducibili principalmente ai costi del personale”. Non bisogna inoltre dimenticare che le strategie fondate sulla riduzione delle corse e sugli aumenti tariffari “rischiano di avere effetti perversi”. Per cui meno mezzi significa che molti cittadini rinunciano all’opzione servizio pubblico e tornano al fai da te: con il Paese che “apparentemente si trova su un piano inclinato privo di prospettive, avente come unica alternativa la restaurazione dei vecchi sussidi”.

TPL ITALIANO
Impervia, secondo il report, anche la strada della razionalizzazione delle imprese esistenti perché “nonostante gli elevati livelli di inefficienza nel Tpl italiano (Arrigo 2007), ogni aggiustamento appare pressoché impossibile, in parte anche a causa della politicizzazione delle aziende di Tpl che sono in grado di condizionare, attraverso i comportamenti elettorali dei propri dipendenti, le posizioni delle amministrazioni locali e del management da esse nominato”. E ancora, proprio il fatto che la massima parte delle strategie di efficienza passa per una migliore gestione del personale mette in dito nella vera ferita non solo dei trasporti, ma di tutto il sistema Paese: il ruolo dei sindacati.

SINDACATI
E’ in questo senso che le rappresentanze sociali sono strategiche (o potrebbero esserlo) se riuscissero a tutelare gli interessi dei lavoratori ma al contempo interloquire con amministrazioni locali che, proprio alla voce occupazione, spendono troppo. E lo dimostrano i consuntivi di tutte le municipalizzate d’Italia. Ecco che il report allora si pone il quesito se esista o meno un’alternativa, individuandola nella proposta avanzata dal sottosegretario allo Sviluppo economico, Claudio De Vincenti, che ha suggerito di introdurre una vera e propria rivoluzione: “Penso che un settore dove la concorrenza nel mercato possa funzionare è quello dei trasporti, ragionando su singole linee o su pacchetti di linee… Si può procedere assegnando a gara non necessariamente tutto il servizio ma pacchetti di linee con una pluralità di gare”.

COME APPLICARLA
Il paper prova a verificare se è possibile seguire tale indicazione, intervenendo nella ridefinizione del servizio pubblico e limitandone il perimetro. Particolare attenzione viene riservata al superamento dei vincoli di esclusiva e alla volontà di poter bandire gare multiple su lotti di dimensione ridotta. In questo modo si potrebbe rilanciare il Tpl italiano, inteso sia come numero di passeggeri sia come capacità di evitare il default.

(Leggi qui l’intero report pubblicato dall’Istituto Bruno Leoni)


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