Ormai non si discute più del “se”, ma piuttosto del “quanto”. L’attuale impostazione della moneta unica non convince proprio nessuno, eccetto la Germania, che continua a difendere contro tutti – Paesi periferici, Usa, Fondo Monetario Internazionale – la sua politica incentrata sulle esportazioni che a detta di molti osservatori contribuirebbe a deprimere ulteriormente la boccheggiante economia del Vecchio Continente e a sostenere invece le imprese tedesche a scapito della ripresa economica.
E da ieri Berlino ha un “nemico” in più. Già ai ferri corti da tempo con il capo della Bundesbank, Jens Weidmann, ieri il presidente della Bce Mario Draghi è tornato a parlare. Aprendo da Francoforte l’European Banking Congress ha tenuto un discorso in cui ha difeso la decisione di mantenere bassi i tassi, ha invocato la necessità di “una governance Ue per le riforme strutturali” e ha sfidato Angela Merkel sull’”autorità unica per i salvataggi bancari“.
Il dibattito e le proteste sull’austerità teutonica nel frattempo divampano e preoccupano non poco Bruxelles, che teme un’esplosione dei consensi per i movimenti anti-euro alle prossime elezioni comunitarie nel 2014.
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