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La guerra di De Benedetti a Google

Continua il dibattito sulla Google Tax, il discusso emendamento al ddl Stabilità che potrebbe costringere i colossi di internet come Google e Facebook a pagare le imposte nel nostro Paese in misura proporzionale al fatturato. Una misura osteggiata finora dal mondo liberista e da Beppe Grillo – in aperto contrasto con base e parlamentari 5 Stelle – ma che inizia a raccogliere adesioni di peso, come quella del presidente del Gruppo editoriale L’Espresso, Carlo De Benedetti.

COSA PREVEDE LA NORMA
La norma, proposta da due parlamentari del Pd, Ernesto Carbone e Francesco Boccia, riguarda tutto il commercio online e prevede di applicare le tasse italiane, come ad esempio l’Iva, alle multinazionali che operano in Italia. L’emendamento consentirebbe di fare immediatamente cassa, per un gettito stimato in circa 1 miliardo di euro.

RIVEDERE LE LEGGI
Tra gli entusiasti dell’emendamento può essere iscritto Carlo De Benedetti, che in un post pubblicato sull’Huffington Post si rivolge al commissario europeo per la Concorrenza, Joaquín Almunia, perché si attivi per “far fronte alle problematiche create dagli operatori digitali globali, che sviluppano i propri business in barba alle regole locali“. Un’azione doverosa per l’editore, che assiste invece alla “farraginosità dell’eurocrazia” e dalla “sostanziale incapacità della politica a ogni livello”.

ARMI IMPARI
Poi un riferimento al tema dell’emendamento Boccia-Carbone, le “scappatoie fiscali”. “Si pensi – scrive l’imprenditore sul sito diretto da Lucia Annunziataalle pluridenunciate attività di elusione delle tasse nazionali da parte di Google e Co. che l’Unione Europea e i singoli stati non sono in grado di contrastare. Insomma, i cosiddetti Over The Top (OTT) sembrano la versione aggiornata, a parti invertite, del paradosso di Achille e della tartaruga, dove è la tartaruga a inseguire inutilmente il velocissimo guerriero fin dal primo istante“.

UN MERCATO DROGATO
La situazione che si vive, soprattutto nel mondo editoriale ormai digitalizzato, spiega De Benedetti, “è quella dell’assenza di un level playing field sul quale gli operatori concorrano senza doping e calci negli stinchi. Poiché i regolatoriche pure vanno continuamente sollecitati a fare il proprio mestiere – non riescono a dare garanzie in questo senso, siamo tutti chiamati uno sforzo eccezionale che ci consenta di superare il gap di partenza. Talvolta modificando sostanzialmente i nostri business model o addirittura entrando in mercati mai frequentati“.

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