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I segreti del pontificato di Pio XII secondo il gesuita Gumpel

Dal 1965 Padre Peter Gumpel, gesuita come Papa Francesco, studia e segue senza perdersi un solo passaggio la documentazione che esce (spesso centellinata) sul lungo e controverso pontificato di Pio XII. Padre Gumpel dal 1983 è il relatore della causa di beatificazione di Papa Pacelli, di cui nel 2009 è stata riconosciuta, con decreto firmato da Benedetto XVI, l’eroicità delle virtù. Il gesuita compie 90 anni e per l’occasione ha concesso ad Avvenire una lunga intervista, in cui cerca di smontare molte fantasie che negli anni hanno finito per mettere in un cono d’ombra l’ultimo Papa pre-conciliare.

Pio XII e il rapporto con il Nazismo

Su tutti, il tema del rapporto con gli ebrei. Da più parti, e spesso con veemenza, è stata imputata a Pio XII la mancata condanna del nazismo. Di più, Rolf Hochhuth nel suo “Il Vicario”, opera teatrale del 1963, accusò Pacelli di cosciente complicità con Hitler in relazione all’olocausto. Per bollare quell’opera come falsa, dice Gumpel, basterebbe consultare gli archivi vaticani, “ora che sono aperti fino al 10 febbraio 1939”. Si scoprirebbe, aggiunge, “un Pacelli nunzio in Baviera e segretario di Stato sotto Pio XII molto diverso da quello raffigurato da Hochhuth”. Tanti, spiega il padre gesuita, sono gli “inediti in difesa di Pio XII nelle cancellerie di molti paesi. Mi sono spesso chiesto perché questi documenti non vengono studiati”.

Ebrei canadesi e americani favorevoli alla beatificazione

Ma chi oggi è contro la beatificazione di Eugenio Pacelli, Pontefice dal 1939 al 1968? Il problema principale è che “oggi le critiche vengono soprattutto da persone che non hanno vissuto quegli anni e si sono costruiti un’idea molto personale sul pontificato di Pio XII”, spiega Gumpel. Di certo, non è contraria “la maggioranza degli ebrei ortodossi e praticanti”, come “i canadesi e agli americani”. Questi settori hanno compreso che “se non fosse stata la famosa prudenza di Pacelli, non si sarebbero salvate tante vite umane, ebrei in particolare: si parla di più di centomila persone”. L’esempio più celebre e drammatico è quello dei vescovi olandesi che protestarono apertamente contro le persecuzioni: ben quarantamila ebrei furono trucidati in risposta al gesto dell’episcopato locale.

La cautela del Pontefice diplomatico

Pio XII, d’altronde, ha sempre agito con cautela, da diplomatico di razza qual era. Ma è falso dire che nulla abbia fatto, Tutt’altro: Padre Gumpel cita non a caso sir Martin Gilbert (storico ebreo e biografo di Churchill) e Robert kempner (tra i grandi accusatori a Norimberga). Loro, dice, hanno affermato che una condanna pubblica sarebbe stata controproducente. Il Papa lavorava molto sotto traccia, mandava in avanscoperta la fidatissima suor Pascalina, ordinava alle suore agostiniane dei Quattro Coronati di ospitare gli ebrei perseguitati, si dichiarò disposto a raccogliere oro da consegnare a Israel Zolli, allora rabbino capo di Roma.

Papa Pacelli voleva un Concilio

Ma è sul Concilio che Padre Gumpel racconta aneddoti e particolari non a tutti noti. “Pio XII aveva fatto commissionare degli studi, fra il 1949 e il 1952, sull’ipotesi di riprendere ciò che rimaneva incompiuto del Vaticano I. Avendo poi superato la soglia dei 75 anni e quando era subentrata la malattia nel 1954, non si sentiva più in grado di guidare un evento così importante”. E questo perché, “a differenza del suo successore Giovanni XXIII, il quale era convinto che in sei o sette settimane si sarebbe fatto un Concilio, Pacelli riteneva che ci sarebbero voluti anni”. Inoltre, aggiunge il relatore della causa di beatificazione, “se si guarda al corpus della sua produzione dottrinale ci si accorge come sia intervenuto su questioni all’epoca attualissime che riguardavano il campo morale, liturgico, degli studi biblici e della vita dell’uomo”.

Il mito del Papa ieratico e distante

Padre Gumpel, nell’intervista ad Avvenire, chiede di leggere con obiettività il pontificato pacelliano, per sfatare leggende nere sedimentatesi nell’ultimo mezzo secolo. Racconta dei suoi incontri con il Papa, spiega che ogni udienza gli “permetteva di sperimentare l’affabilità e la capacità di ascolto del Pontefice. La vulgata ci racconta di un Pio XII algido e ieratico; era invece un uomo che ti metteva a tuo agio. Amava ringraziare di persona per i libri che gli avevo potuto procurare”. Infine, l’aneddoto sulle riverenze necessarie davanti al Pastor Angelicus: “Più di una volta ho cercato di inginocchiarmi, come si usava allora, e lui tutte le volte me lo ha impedito: gli bastava un normale saluto. Era un uomo che vedeva tutto alla luce della fede e dell’eternità”.



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