Quanto vale la Banca d’Italia? L’interrogativo è anche il titolo di un’analisi di Giuseppe Siciliano, responsabile della divisione studi della Consob, che su Lavoce.info ragiona sull’argomento, precisando che “le opinioni espresse sono personali e non impegnano in alcun modo l’istituzione di appartenenza”.
TEMA CALDO
Il tema è molto caldo, come dimostrano le riflessioni affidate a queste colonne giorni fa dall’ex ministro delle Finanze, Rino Formica. La questione della rivalutazione delle quote di Bankitalia potrebbe tornare di attualità anche nel prossimo Consiglio dei ministri: un gruppo di esperti della stessa Banca d’Italia (tra cui l’ex premier tecnico greco, Lucas Papademos) hanno valutato le quote delle banche in Palazzo Koch tra i cinque e i sette miliardi di euro. Inoltre la tassazione delle plusvalenze potrebbe generare fino a un miliardo di gettito fiscale.
BANCHE ECCITATE
Facile dunque ipotizzare come le banche, che sono azionisti dell’istituto governato da Ignazio Visco, abbiano drizzato le antenne proprio in prospettiva di una valutazione delle quote possedute in Banca d’Italia. Un passaggio che spalancherebbe le porte a nuovi flussi di denaro per i tre maggiori soci della Banca d’Italia, ovvero Intesa, Unicredit e Assicurazioni Generali.
SLITTAMENTO
Sette giorni fa il Consiglio dei ministri aveva proposto di far slittare il provvedimento su Bankitalia, in parallelo a quello sull’Imu. Come dire che le due tasche su cui si concentrano gli strali di questo e di quel partito politico, potrebbero essere direttamente proporzionali: laddove si svuota l’una, ci sono possibilità che si riempia l’altra, come ha osservato il blogger Maurizio Sgroi.
QUALI VANTAGGI
Secondo Fulvio Coltorti, per anni a capo delle ricerche economiche di Mediobanca, lo Stato “raccoglierebbe qualche spicciolo (gettito massimo un miliardo di euro, cifra assai dubbia) da un’imposta inflitta ai partecipanti che volessero rivalutare nei propri bilanci le quote Bankitalia che posseggono”. Come Coltorti osservato sul Sole 24 Ore dello scorso 3 novembre, addirittura si vorrebbe che tale rivalutazione “entrasse a far conto nel patrimonio di vigilanza delle banche azioniste, il che, a mio parere, sarebbe non solo da evitare, ma da condannare severamente”.
INCUBI DEL PASSATO
Coltorti ha aggiunto che “i tratti di penna applicati dagli amministratori richiamano brutti precedenti e manipolazioni contabili fatte da imprese che stentano a quadrare attivi e passivi. Non è questo il caso delle banche italiane (viste nel loro complesso) e non ritengo sia intelligente sottoporre il punto all’Europa che ci guarda sempre severamente”. Ma qualora le quote Bankitalia dovessero rimanere all’interno dei bilanci di chi le possiede ad oggi, allora verrebbero iscritte di ufficio al livello più basso: il level 3. Secondo Coltorti quindi mancherebbe un mercato nel quale siano scambiabili. Per cui “né l’autovalutazione, né l’eventuale controperizia ordinata dal Governo potrebbero risolvere il problema; dall’altro è inimmaginabile consegnare la valutazione della banca centrale ad un qualsivoglia mercato”.