Il dossier Libia torna sul tavolo di Palazzo Chigi. Nonostante l’attenzione in politica estera sia assorbita dall’accordo preliminare sul nucleare iraniano e dall’imminente visita del presidente russo Vladimir Putin, le tensioni e le violenze che attraversano Tripoli preoccupano il governo, interessato da vicino per gli stretti vincoli economici – e soprattutto energetici – che legano il nostro Paese all’altra sponda del Mediterraneo.
L’INCONTRO A PALAZZO CHIGI
A tal proposito oggi si è tenuta una riunione presso la presidenza del Consiglio per discutere sul da farsi. L’incontro è avvenuto tra il premier Enrico Letta, il ministro della Difesa Mario Mauro, quello degli Esteri Emma Bonino e i rispettivi consiglieri diplomatici. Ma è ancora incerto un intervento diretto dell’Italia per pacificare la zona.
L’ALLARME DI SCARONI
La Libia è il primo Paese in cui l’Italia opera per la produzione di greggio e da lì arriva circa il 15 per cento dei nostri idrocarburi. Il numero uno dell’Eni, Paolo Scaroni, lo scorso 6 novembre aveva lanciato un nuovo allarme sulla Libia: la centrale di Mellitah, posseduta in joint venture con l’azienda locale Noc, è stata posta sotto attacco da parte dei berberi, circostanza che ha temporaneamente fermato il flusso di esportazioni di gas in Italia.
LE ULTIME VIOLENZE
Ma la situazione in Libia – è questa la preoccupazione di Palazzo Chigi – è tutt’altro che sotto controllo e potrebbe ulteriormente degenerare. Il bilancio degli scontri di stamattina a Bengasi, i primi dopo la caduta del regime di Muhammar Gheddafi nell’ottobre del 2011, è di “dieci morti accertati, tra cui cinque militari, e 23 feriti, compresi dieci civili”, come riferiscono i media locali. La battaglia di Bengasi al momento “è concentrata in prossimità di una clinica gestita dai jihadisti nel quartiere settentrionale di Selmani“, come riferiscono i media libici.