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Noi, Democratici Popolari, non saremo alleati di Alfano. Parla Gregorio Gitti

Mentre oggi il consiglio nazionale scioglie l’Udc, la nuova consapevolezza politica italiana prende il nome di Democratici Popolari. I quali avranno il compito di dare “un fondale politico in un momento in cui tutto si sta disgregando”. Lo dice a Formiche.net il deputato eletto con Scelta civica Gregorio Gitti, a poche ore della scissione ufficiale del partito montiano, per il momento alla Camera.

MAURO, DELLAI, GITTI. POPOLARI SOTTO LA PIOGGIA. GUARDA LA GALLERY

E’ dunque ufficiale la scissione dei gruppi di Scelta Civica. Il partito ha subìto solo delle divisioni, così come le ha definite il neo segretario Stefania Giannini, o c’è un ragionamento politico alla base della rottura?
Il ragionamento politico dal nuovo vertice di Sc non l’ho sentito fare, se non il solito mantra della divisione dall’Udc. Non vorrei polemizzare su questo, prendo atto che l’Udc oggi convoca il Consiglio Nazionale e si scioglie. Scompare dal panorama politico uno degli elementi del cosiddetto ventennio breve. Una precondizione per poter aprire un discorso più ampio, dove l’esperienza di Sc sarà centrale quanto a contenuti e proposte. E lo dico da Democratico Popolare. Occorre adesso dare un fondale politico in un momento in cui tutto si sta disgregando.

La riunione di Scelta Civica di sette giorni fa è finita nel peggiore dei modi…
Una componente di Sc, che tra l’altro ha rifiutato di confrontarsi su questi temi imponendo lo scorso venerdì una votazione totalmente strumentale, ha disconosciuto di fatto la forma-partito democratica e radicata sui territori, che è l’abc di qualunque movimento che aspiri ad essere partito e fulcro delle istituzioni. In questo vedo il superamento della polemica con l’Udc.

Sono gli altri allora a rimanere indietro?
Erano accenni pretestuosi. Volendo usare i canoni classici anglosassoni di definizione, noi abbiamo l’ambizione di coltivare una forza politica al centro senza alcuna deriva: né verso destra, né verso sinistra. Spetterà poi alla credibilità degli attori in causa investire sul futuro e valutare quali saranno gli interlocutori più adatti. Certamente non lo è Silvio Berlusconi, come in questo momento non lo sono gli alfaniani fuoriusciti del Nuovo Centrodestra.

Crede che sul terreno del popolarismo si possa costruire la vera alternativa al centrosinistra renziano?
Per questa riserva di voti che sono in fuoriuscita, tra astensionismo, voto di protesta e crisi che ha distrutto il ceto medio, non esiste più una rappresentanza politica. Per cui è molto più difficile oggi in questa situazione mutata individuare i canali della rappresentanza. La nuova forza politica dovrà riscoprire le radici di una vicinanza all’equità e alla solidarietà sociale, ma ovviamente aggiornata ai tempi e alle esigenze concrete. Penso ad esempio al neonato Ufficio programmazione bilancio, uno strumento caldeggiato dal tavolo civico, tra cui la Fondazione Etica, che presiedo, e Cittadinanza attiva: sarà il prossimo vero interlocutore della Ragioneria dello Stato. E’sufficiente scorrere sulla Gazzetta ufficiale i requisiti che abbiamo imposto, per osservare come siano di grandissimo standing. Ed è rilevantissimo che sia stato incardinato presso il Parlamento.

Una Dc 2.0 più moderna, come la definisce qualcuno?
Penso ad una grande attenzione al tema della concorrenza dei mercati, al presidio delle regole, alla tutela in modo indipendente e neutrale rispetto ai centri di potere finanziari e amministrativi che non hanno capacità di interloquire con il ceto medio defraudato di riferimenti. Penso ad imprese che non hanno più l’accesso al credito, a cittadini sprovvisti di canali di dialogo con l’amministrazione. La politica deve quindi ricostruire tali presupposti con l’ammodernamento di un’identità che abbia salda la visione all’Europa da cui dipendono alcuni di quei centri di potere, selezionando una nuova classe dirigente.

In che maniera?
Crediamo di poter costruire un movimento politico che in futuro sia partito, con la massima apertura all’associazionismo e alla società civile, ritrovandovi una classe dirigente autorevole che però volti pagina rispetto a molti dei soggetti che in questi anni hanno avuto l’occasione di operare una riforma senza riuscirvi.

Possibile, come ipotizzato più volte nei mesi scorsi, una lista comune alle europee tra alfaniani e voi Democratici Popolari?
Poniamo come condizione all’apertura di un dialogo ampio, lo scioglimento dell’Udc. Dovremmo così rappresentare un’area politica nuova, che costruiremo in autonomia. Rispetto alle europee vogliamo garantire un percorso nuovo, anche con candidature in discontinuità rispetto agli apparati di ieri.

E’ una chiusura?
Quella che ha citato è senza dubbio un’area che rappresenta un interesse in termini elettorali. Ma oggi intendiamo distinguere con chiarezza un panorama composto da: una sinistra, dove Renzi ha vinto le primarie e vincerà il congresso con l’apporto sostanziale degli apparati; Fi e il NcD che solo verbalmente sono centrodestra ma in realtà sono una vera e propria destra, rimarcando con orgoglio e rigidità quell’appartenenza; e noi che presidiamo un’area di centro oltre che di elettori delusi che non hanno più votato, oltre a quelli che avevano dato a Monti una rilevante delega fiduciaria, che non può essere smagrita in un’iniziativa politica carismatica e personale.

Sabato scorso nel Pdl è stato definitivamente avviato il dopo Berlusconi. In Sc va in scena oggi il dopo Monti?
Da domani al Teatro Quirino di Roma con l’Assemblea Popolare intendiamo costruire assieme alle associazioni, al mondo della scuola e della cultura, una base sociale e popolare: il primo passo di un cammino che toccherà diverse altre città del Paese. Daremo vita ad una fase di ascolto che necessariamente chiamerà a raccolta diversi soggetti che fino ad ora sono stati emarginati. É a loro che ci rivolgiamo, senza struttura organizzative precostituite, ma con la volontà di costruirle assieme.

twitter@FDepalo

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