“L’alleanza? Non durerà quattro anni, tra due anni sapremo che Europa avremo e ne trarremo le conseguenze”. Giudica così il governo tedesco di Grosse koalition appena formato, Angelo Bolaffi, filosofo e germanista, già direttore dell’Istituto di cultura italiana a Berlino e autore di “Cuore tedesco – Il modello Germania, l’Italia e la crisi europea” (Donzelli).
La Spd ha sposato il rigorismo o la Merkel ha assorbito le tesi socialdemocratiche, visto il programma della Grande coalizione?
Bisogna precisare che oggi la Germania è un Paese socialdemocratico guidato dalla cancelliera Merkel. Mi chiedo cosa si intenda con rigore: forse che tutti i Paesi procedano a fare le riforme? Quello del rigore penso sia un falso tema, è agli Eurobond che ci si riferisce. Serve chiarire che Cdu e Spd hanno sempre avuto identica visione politica sull’Europa in tutti questi anni e la Spd ha sempre appoggiato Angela Merkel. L’unico partito che si è opposto è stato la Linke.
Ma nel recente passato si sono registrate divergenze proprio su rigore e austerità…
Qualche volta, propagandisticamente, alcuni dirigenti della Spd hanno accennato alla possibilità degli Eurobond. Prospettiva che hanno poi abbandonato, perché non è scritto nel Trattato di Maastricht a cui loro si attengono.
Quali le basi sull’accordo di Grande coalizione?
Tiene conto della necessità di sostenere il rilancio in Europa e di aumentare fortemente i consumi interni tedeschi, come del resto avevano chiesto qualche settimana fa la Commissione Europea e il Fondo Monetario Internazionale, tenendo conto del surplus delle esportazioni tedesche. E traducendo queste intenzioni in una serie di riforme sociali, dal salario minimo garantito alla riforma delle pensioni, dai fondi per la formazione alle opere pubbliche interne. Il tutto ovviamente aumenta i consumi, le importazioni dalla Germania: così verranno aiutati i Paesi in maggiore difficoltà.
Quali i punti controversi?
È un accordo con due vincoli: niente tasse e niente aumento di deficit. Per un biennio è un accordo finanziabile, per quello che c’è in cassa. Dopo sarà un punto interrogativo.
Come giudica la decisione di aprire al salario minimo?
È un aspetto di giustizia sociale oltre che una problematica di natura economica. Circa il primo punto, è una scelta che viene incontro ad una necessità dopo che negli anni scorsi la produttività era aumentata e i salari erano rimasti fermi. Esiste il rischio che in alcune regioni dell’ex Germania orientale un salario minimo da 8,50 euro possa spingere alcune imprese a licenziare. Quindi si avrebbe un effetto controproducente: su questo gli economisti sono moderati, ma io non sono un economista, penso solo che sia una decisione dalla doppia faccia. Un sistema complesso e con decisioni drastiche potrebbe avere conseguenze sul lungo periodo dal punto di vista economico che non sono prevedibili.
A quali critiche si prestano il passaggio del contratto sull’immigrazione e la doppia cittadinanza?
L’Italia e la Germania sono rimasti gli unici due Paesi a non voler concedere lo ius soli, dopo la prima grande riforma fatta dal governo Schroeder-Fischer. Ma in ballo ci sono solo i cittadini extracomunitari, quindi anche i turchi presenti in massa in Germania, chiamati ad un certo punto a scegliere tra i due passaporti. Un passaggio per il quale si era spesa anche la parte turca. Ora la Cdu ha accettato che questa scelta non sia più obbligatoria. Per cui si allargano le maglie del riconoscimento totale dello ius soli. Ovviamente si va in controtendenza assoluta rispetto agli inglesi. Ma loro ormai lo sono su tutti i fronti con l’Europa e non mi meraviglio più di tanto.
In “Cuore tedesco” sostiene che la caduta del Muro di Berlino abbia sanato quella che Benedetto Croce definiva il “dissidio spirituale” della Germania con l’Europa. Che cosa può cambiare per l’Europa da questa nuova Grosse koalition?
Due vecchi amici che stimo moltissimo, come Schimdt e Fischer, tornano oggi a criticare la Merkel: può darsi che abbiano ragione ma io sono molto più prudente. Ritengo che in questa fase di crisi la Cancelliera abbia governato con l’appoggio di Draghi, a cui però Merkel ha dato non poco sostegno, checché ne dicano alcuni commentatori. Il numero uno della Bce non avrebbe mai potuto fare quello che ha fatto senza Berlino. Hanno governato una fase difficile, in cui prima si pensava che sarebbe stata la Germania ad uscire dall’euro, poi che l’euro stesso sarebbe crollato. Fino ad oggi entrambe le circostanze non si sono verificate.
E in futuro?
Non penso che tale accordo di coalizione possa durare per l’intera legislatura, non c’è la copertura finanziaria per tutti i quattro anni. Quando si porrà il problema allora si riaprirà lo scontro. Tra due anni sapremo che Europa avremo e quindi se la Merkel sarà stata capace di prendere in mano la questione della costruzione europea dando un cuore oltre ad aver dato della sostanza.