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Passera cerca disperatamente un partito, anzi un progetto politico

Spazio liberale cercasi. L’ex ministro dello Sviluppo economco, Corrado Passera, (ri)entra nel dibattito politico italiano e, intervistato da Giovanni Minoli a Mix 24, non solo affronta tutti gli argomenti dell’agenda nazionale (come Rai, Alitalia, Telecom, legge elettorale) ma annuncia la nascita del proprio progetto politico a gennaio, così come da queste colonne più volte era stato anticipato.

Futuro
“A gennaio mobiliterò 2 o 300 miliardi”: è l’annuncio che l’ex ministro fa, entrando nel merito dell’attivismo di cui si sono avute tracce concrete nelle scorse settimane. “Dove li prendo? Lasciamo un po’ di suspence, in Italia abbiamo circa 10 milioni di persone con problemi gravissimi di lavoro. 10 milioni con i loro familiari sono quasi la maggioranza dell’Italia che ha paura del futuro. Delle grandi questioni ne parliamo a gennaio, nel breve bisogna mettere più soldi in tasca alla gente col cuneo fiscale, si può pagare più velocemente le imprese per l’enorme debito scaduto delle pa, e poi bisogna rimettere in moto gli investimenti privati e in questo momento soprattutto quelli pubblici”. E precisa che mentre “Montezemolo non ha avuto coraggio, il mio programma avrà il consenso da destra e da sinistra”, con l’obiettivo di “far fuori il porcellum e ritornare al mattarellum”.
Sul terzismo sottolinea che “di terze vie centriste non ce n’è, non esistono, se guardo al centro destra o al centro sinistra? Oggi è più un momento di idee. Quando a gennaio presentiamo il programma ci sarà tanto consenso da entrambe le parti”. Definisce Mario Monti una “parabola triste, non ho seguito Monti perché c’erano Fini e Casini”, anche se “col governo monti abbiamo chiuso più di 60 crisi aziendali”.

Sulla Rai
Il canone bisogna meritarselo, osserva a proposito della televisione pubblica. E dice che nel servizio pubblico “ci deve essere un gran bel progetto editoriale”. Servizio pubblico, aggiunge, “ vuol dire portare in tutto il mondo il meglio del made in Italy, sia culturale, sia tecnologico, sia della creatività”. Ragion per cui “noi siamo in campo televisivo degli importatori netti, cioè importiamo format dappertutto e non siamo in grado di creare format per il resto mondo”. Di qui il progetto a medio termine: entro il 2016 la Rai deve “meritarsi di mantenere il servizio pubblico e il relativo canone”.

Alitalia
Passera crede che Air France debba restare della partita, nella consapevolezza che “la vecchia Alitalia è stato un disastro: gestione pubblica, 5 miliardi persi solo nel fallimento, ma ne aveva già persi altri”. In seguito si è anche tentato di venderla ma non l’ha voluta nessuno. “Fenice ha permesso di riassumere, o di non lasciare a casa 30.000 persone”. E invita a riflettere su quanto di più sarebbe costato il fallimento della vecchia Alitalia senza i capitani coraggiosi. Proprio Passera fu il regista dell’operazione voluta da Berlusconi, per tagliare la strada ai francesi, con Intesa Sanpaolo (il cui ad era Passera) presente all’interno di Cai con 100 milioni e primus inter pares nel progetto Fenice.

Adieu
Air France resta della partita e non dice addio ad Alitalia, scommette Passera che dice: “Comunque l’aumento di capitale è garantito quindi Alitalia ha i soldi per il prossimo pezzo di strada. Non ci sarà più AF? Troveremo un altro socio internazionale”. Prima di decretare la sorte dei cosiddetti capitani coraggiosi: “Cominciamo a dire che ci hanno messo più di un 1miliardo di soldi loro. E l’hanno fatto per salvare un’azienda con 30.000 posti di lavoro diretti e indiretti. Per ora li hanno persi, insomma, un ruolo l’hanno svolto”.

Telecom
L’operazione è fallita, sentenzia l’ex ministro, fermo restando che “in tanti settori il mercato è la soluzione, in altri settori una presenza anche minore dello stato con ottica di lungo termine ci vuole”. Il riferimento è alle strategiche come elettricità, gas, telefoni. “E’roba dove c’è un interesse nazionale forte”.

Poste
“Abbiamo salvato 160mila posti di lavoro”, certifica a proposito di Poste, invitando a non dimenticare quando “a quei tempi tutti volevano chiudere le poste”. Nel frattempo in “20 mila sono stati incentivati a uscire, grande accordo sindacale, sulla base di un piano di impresa concordato con tutti e che poi ha salvato le poste”.

 

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