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Piazza Pulita, Tito Di Maggio e il distretto del mobile di Matera sempre più cinese

Su LA7 nei giorni scorsi è stato trasmesso un “viaggio” molto particolare nel distretto del mobile di Matera.  Due i temi centrali: lavoro in nero e cassa integrazione. Temi trattati dalla giornalista Laura Buonasera della redazione di “Piazza Pulita“, la trasmissione d’informazione politica condotta da Corrado Formigli.

L’inchiesta  è un viaggio senza ritorno nel distretto del mobile di Matera, con il “cameo” di una intervista a Tito Di Maggio, senatore di Scelta Civica (espressione del territorio lucano” e candidato Presidente alla Regione Basilicata per il Centro-Destra (insieme a PDL/Forza Italia, “pezzi” di Scelta Civica – ma non tutti – Fratelli d’Italia, “schegge” dell’Udc e MIR, ma solo nella provincia di Matera). Le amministrative per la cronaca si svolgeranno i prossimi 17 e 18 novembre 2013.

Post trasmissione Giovanna Marchese Bellaroto, presidente di CNA Commercio, colpita dalle dichiarazioni di Di Maggio, soprattutto sul fronte dell’equiparazione del lavoro italiano a quello cinese (che notoriamente però costa meno), ha deciso di intervenire e di spedire proprio a Formigli questa lettera, che riprendo integralmente nel mio blog di Formiche. E’ bene ricordare che Di Maggio è anche amminitstratore di SofaLand, una delle più importanti strutture collegate al colosso dei divani Chateaux D’Ax, presente proprio nel distretto del mobile di Matera (sempre più con gli occhi a mandorla, sempre meno espressione al 100% del made in Italy così come dovrebbe essere – in una logica di rilancio dell’economia locale e di valorizzazione del lavoro presente sul territorio).

E’ stato molto triste assistere, nel corso di una bella trasmissione di approfondimento politico e sociale  Piazza pulita, alla nuda e disarmante realtà che, oltre al politichese dei piacevoli interventi in studio, sta alla base del disfacimento, tutto italiano, del nostro sistema produttivo. Grazie all’effetto costruito con sapienza scenica di catapultare lo spettatore nella cruda quotidianità dei servizi girati per la strada della vita vera, ci siamo ritrovati a toccare con mano le amarezze di un sistema produttivo che grazie al Made in Italy avrebbe dovuto continuare a fare grandi le nostre aziende e quindi il nostro stesso Paese nel mondo dei mercati, invece si è sgretolato sul lento ma inesorabile disfacimento del valore umano.
Questa e’ l’amarezza che trasuda da quelle riprese che raccontano di braccia che lavorano per l’ipocrisia di un sistema che li dichiara  “terzisti” per i diritti dei quali, uomini e donne, bisognosi in terra straniera di lavoro, di sopravvivenza e di dignità, le regole non valgono, non c’e’ imprenditore  che ha il dovere di tutelarli,  ma anzi c’e’ un sistema, quello si marcato Italy che crea ad arte la copertura che serve per usarli. Così’ un nostro prodotto di eccellenza italica che proviene dal distretto industriale di Matera, muove economia di mercato producendo soffici sofà che contribuendo a tenere alta una manifattura artigiana sul mercato, non solo domestico ma anche globale, si sono inventati una catena di montaggio che in piena concorrenza sleale, come un negriero sfrutta gli stranieri in patria e disdegna la mano d’opera locale perché troppo onerosa. Trovata che ha costretto le nostre fabbriche, quelle poche che non hanno voluto delocalizzarsi  perche’ scommettevano per rimanere in Italia, a mandare gli operai in classe integrazione e  lasciare così il mercato ai  fantomatici terzisti locali, che di locale avevano solo il capannone, ma il capitale umano contenuto in quei capannoni intorno a Matera fatto di occhi a mandorla che nei luoghi di lavoro svolgevano tutte le loro funzioni vitali oltre che lavorative, griffa oggi sotto gli occhi di tutti noi, grazie a quella trasmissione, un prodotto fatto in Italia, ma  da braccia cinesi sudate, sottopagate e private della loro dignità di lavoratori. È’ come accorgersi di essere stati truffati perché una lattina di pomodori prodotta in Campania conteneva concentrato di salsa allungato proveniente dalla Cina. Così  oggi come consumatori prima, ma anche come piccoli e medi imprenditori, ci dobbiamo sentire ugualmente truffati da quel sistema che marchiando italiano mette in atto una contraffazione identica e nostrana. Non perché quelle braccia cinesi non siano all’altezza di produrre come le braccia di un italiano. Nessuna discriminazione sul valore umano di lavoratori di etnie diverse, ma indignarci serve a  far si che le fatiche di quei lavoratori fragili non possano più rappresentare una plusvalenza per il connazionale che li sfrutta o per gli imprenditori italiani disonesti  che affossano un sistema di concorrenza leale utilizzando terzisti, a bassissimo costo, che italiani non sono. Serve anche a capire perché il nostro sistema produttivo va a rotoli,trascinandosi dietro percentuali di disoccupazione da dopoguerra, senza riuscire mai a generare linfa vitale che rimetta in movimento il tessuto delle piccole e medie imprese. Complice un  grande sindacato colpevolmente evasivo sulle precise domande rivolte dalla zelante giornalista  sulle Cig e tutto sotto gli occhi di una politica locale che  se pur Civica, sembra…cadere dal pero… visto che siamo in Basilicata, terra di frutteti.  Una classe  dirigenziale quindi  malata,  incapace di seminare pace sociale, disinteressata allo sviluppo locale, diversamente molto più attenta  al consociativismo relazionale,  utile  solamente ad accrescere la fama del distretto del mobile di Matera nel mondo, che  allo stesso tempo pero’, fruttando il lavoro piagato di italiani e cinesi contribuisce al disfacimento produttivo del nostro piagato “bel paese”.

Giovanna Marchese Bellaroto
Presidente CNA commercio

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