Raccogliere i pneumatici abbandonati sul territorio per recuperarli e per sottrarre “carburante” impiegato per appiccare i roghi di rifiuti tossici; informare cittadini e consumatori che acquistando i pneumatici in nero si alimenta il fenomeno dell’abbandono e, come conseguenza, il fenomeno dei roghi di rifiuti che deturpano il territorio tra Napoli e Caserta, provocando danni alla salute della popolazione. Questi gli obiettivi dell’iniziativa promossa dal Ministero dell’Ambiente e da Ecopneus (società senza scopo di lucro impegnata nel rintracciamento, raccolta e recupero di PFU in tutta Italia) che ha ottenuto il Premio Aretè per la Comunicazione Responsabile promosso da Confindustria e ABI, risultando vincitore della categoria “comunicazione pubblica”, del premio della giuria di giornalisti e del premio assoluto. Formiche.net ha incontrato il direttore generale di Ecopneus, Giovanni Corbetta.
Che peso specifico ha il premio Aretè?
Abbiamo iniziato questa avventura con la firma del protocollo lo scorso 20 giugno, da quel giorno ci siamo messi in moto avviando la raccolta. E’ la sezione più scontata del nostro progetto, perché lì raccogliamo i pneumatici abbandonati che si sommano a quelli che già raccogliamo su tutto il territorio nazionale. Si tratta di un’operazione straordinaria destinata a bonificare il suolo pubblico.
Vi siete chiesti come poter far mutare il modo di comportarsi a quei cittadini che continuano in quella pratica?
Il rischio che tutto torni come prima dopo cinque o sei mesi esiste, dal momento che se ogni giorno c’è un abbandono di pneumatici fuori uso, è facile che ci si imbarchi in una guerra senza fine. Ragion per cui abbiamo immaginato una campagna che fosse estremamente coerente con lo scopo delle attività. Ovvero ripulire il territorio e riportarlo alle condizioni originali, con un doppio binario: eseguire fisicamente il progetto e incidere sulla cultura di quei cittadini che non si rendono conto del fatto che i pneumatici abbandonati in sé non fanno tanto danno, ma si tramutano in pericolo perché in quelle zone vengono impiegati come combustibile per atti criminali molto più significativi.
Oltre all’aspetto ambientalista, in evidenza anche quello socio-culturale?
E’ il caso dell’acquisto regolare del pneumatico come incentivo al non abbandono: così il gommista non avrà problemi a consegnare a noi gli equivalenti. Non vorrà mai consegnarci pneumatici fuori uso che corrispondono ad acquisti in nero, perché non gli quadrerebbe il registro delle fatture e degli scontrini. Per cui non facciamo in modo che il gommista non venga indotto ad un atto illegale convincendo l’acquirente a esigere lo scontrino, con cui fatto “aggancia” il pneumatico fuori uso al circuito di smaltimento ufficiale.
Rischiate di spezzare anche il legame con la criminalità locale?
Quello del pneumatici abbandonati è un circuito che fa gola alla criminalità che si occupa di smaltire i rifiuti tossici. Mi hanno raccontato dell’esistenza di solventi, acidi farmaceutici scaduti, amianto: un rifiuto pericolosissimo, a cui serve il pneumatico proprio come combustibile per essere distrutto.
Come nasce il vostro impegno nella Terra dei Fuochi?
Perché l’allora ministro dell’ambiente Corrado Clini chiese la nostra disponibilità ad intervenire, tenendo conto che il decreto che regola le nostre attività, essendo noi una società senza fini di lucro, impone che l’eventuale avanzo di gestione venga destinato a svuotamenti di abbandoni. C’è stata quindi commistione tra Ecopneus e altre realtà quando eravamo vicini a quell’avanzo. L’avvicendamento al ministero non ha comportato alcuna retromarcia, anzi direi che il ministro Andrea Orlando ha scatenato altrettanta attenzione sul tema. In questi termini si è così consolidato un progetto dove abbiamo convogliato circa un milione e mezzo di euro di avanzi di gestione. Quando il decreto era partito nel settembre del 2011, prevedeva un salto netto dal modello di libero mercato a una gestione sotto la responsabilità di produttori. Come Ecopneus abbiamo gestito tutte le quote dei soci indipendentemente dai singhiozzi burocratici, raggiungendo e superando il target quantitativo, ma di contro alcuni nostri soci avevano degli ammontari raccolti ma di fatto congelati.
Come ne siete usciti dunque?
Abbiamo messo assieme in un unico salvadanaio tutti gli avanzi di gestione ponendoli a disposizione del ministero.
Alla luce del premio, come crede si debba procedere ad una comunicazione responsabile e di qualità?
Ciò che ha sempre improntato il nostro modo di organizzare l’azienda, è la tipologia consortile. Nel far partire la società abbiamo immaginato, da subito, che una grandissima trasparenza fosse un punto strategico, anche perché non abbiamo inventato un prodotto che vendiamo. Ma viviamo di ricavi che il consumatore impegnato nell’acquisto di un pneumatico oggi ci versa, un po’come quegli amministratori di condominio che ricevono denari da amministrare per conto dei condomini.
Ragion per cui abbiamo fatto nascere da subito dei sistemi di reportistica molto definiti, diffondendo al pubblico finanche i nostri numeri interni, dichiarando ricavi e tutte le spese che affrontiamo in gestione, sviluppo e comunicazione. Il tutto per evitare di avere angoli oscuri.
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