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Donna, over40 e dipendente: l’identikit del lobbista italiano

6 volte su 10 è donna, ha superato i 40 anni (58,47%) e ha un datore di lavoro (60,77%). Di colleghi non ne ha poi tanti. Appena 6000, secondo le stime che Istat e Isfol fanno della professione dell’esperto di pubbliche relazioni per il periodo 2008/2010. Un identikit che smonta molte ricostruzioni fantasiose della stampa, che vorrebbero il lobbista prevalentemente uomo e libero professionista.

Ma sono stime realistiche? Fino a un certo punto. Se andiamo a vedere gli iscritti italiani al registro europeo dei lobbisti scopriamo che su quasi 6000 iscritti appena 474 sono italiani. Più della metà dichiara di spendere poco, non più di 50mila euro l’anno. Meglio di loro fanno solo il 10%, con una spesa dichiarata compresa tra i 50 e i 100mila euro. Il restante 16% non dichiara nulla. Ma il dato più interessante è che questo piccolo esercito tricolore a Bruxelles e Strasburgo è composto solo in minima parte da singoli professionisti. 140 sono associazioni professionali, 79 enti no profit e 42 istituti di ricerca. A conti fatti, in Europa ci vanno soprattutto gli enti di rappresentanza delle imprese, e spendono poco.

E i giovani? Ci sono, eccome. Secondo i calcoli di Assorel dal 2009 al 2012 l’area professionale delle pubbliche relazioni è rimasta sostanzialmente stabile, passando dal 4% del 2009 al 4,1% dello scorso anno (-0,1% rispetto al 2011). Non saranno la punta di diamante del mercato del lavoro, ma rispetto alla crisi nera di categorie affini come l’editoria e la comunicazione in generale non se la passano affatto male. E poi assumono. nel quinquennio 2010-2015 Istat calcola una domanda di oltre 73mila nuove risorse nel settore. Di queste 62mila vanno a rimpiazzare lavoratori in uscita (pensionati ad esempio). Le restanti sono nuove assunzioni. Assumono le aziende di medie dimensioni (54% tra quelle con più di 50 dipendenti) e assumono gli studi professionali.

Insomma, non sarà necessariamente donna – ma la rappresentanza femminile è ben presidiata – né lavorerà necessariamente all’interno di un’azienda, ma il lobbista tricolore ha connotati sempre più precisi. Si tratta ora di lavorare sulla percezione che gli altri hanno di lui. Dall’ultima indagine di Aqua Market, per dirne una, è emerso che tra i manager italiani l’82% pensa che i lobbisti siano freelance. E che ci sia bisogno di trasparenza. Ma su questo hanno ragione.

Qui l’infografica sull’identikit del lobbista italiano
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