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Von Clausewitz non abita al Senato

A Barabba fu concessa una chance per scampare al supplizio della croce. Al Cavaliere, i suoi implacabili nemici hanno negato persino la magra soddisfazione di poter contare quanti “franchi tiratori”, nel segreto dell’urna,  avessero voluto protestare contro l’andazzo forcaiolo che sta minando le libertà di noi tutti.

Magra soddisfazione perché, comunque, anche con il voto segreto, i senatori in Assemblea avrebbero comunque approvato, a larga maggioranza, la decadenza di Silvio Berlusconi allo scopo di chiudere un’epoca storica e di liquidare un avversario altrimenti invincibile sul piano politico.

Ma a tutto c’è un limite: non si spara sulla Croce rossa; non si uccide – direbbe un Francesco Ferrucci redivivo – un uomo morto. E’ semplicemente vergognosa la decisione presa a maggioranza dalla Giunta per il Regolamento di imporre comunque il voto palese, anche a costo di modificare nei fatti (altro che nuova interpretazione!) le regole generalmente adottate e seguite nei decenni passati in occasione dei voti riguardanti le persone (sono normalmente segreti oppure è sempre prevista la possibilità di richiedere, a determinate condizioni, questa forma di espressione).

Dicono che così si garantisca la trasparenza e l’assunzione di responsabilità di fronte ai cittadini elettori, i quali hanno diritto di sapere come votano coloro che hanno eletto. Certo, non è bello fare le cose di nascosto. Ma siamo seri. Nella vicenda di Berlusconi quel senatore dei partiti avversari che votasse contro la decadenza in modo “trasparente” e palese andrebbe incontro ad una sorte di morte civile.

Anche ammesso che il nostro senatore dissenziente riuscisse – ci pare molto improbabile – ad evitare le sanzioni del partito e l’ostracismo dei compagnucci di base, dovrebbe mettere il conto di essere sbattuto, con tanto di foto, sulla gogna del web a raccogliere gli insulti della rete. Dovrebbe rassegnarsi ad essere coperto di contumelie e minacce e inseguito dagli squadristi fin sotto casa, nei ristoranti e in tutti i luoghi pubblici.

Potrebbe davvero scegliere liberamente un senatore in queste condizioni? Noi crediamo di no. In fondo sono questi i comportamenti che Giacomo Matteotti denunciò nel discorso alla Camera che gli costò la vita. Da noi, ormai, sono abitudini e pratiche quotidiane che vengono definite diritto di critica.

E allora perché mai uno dovrebbe rovinarsi non solo la carriera ma rischiare la propria incolumità  a favore di Silvio Berlusconi il quale non avrà compiuto i delitti e le violenze di Barabba, ma ha tanto da rimproverarsi essendo i suoi vizi privati la principale causa delle sue disgrazie?

Ma vogliamo la trasparenza? Andiamo allora fino in fondo. Aboliamo il voto segreto in tutte le elezioni, mandiamo gli elettori davanti ai presidenti di seggio e agli scrutatori a dichiarare pubblicamente a chi va il loro voto. Non hanno forse diritto i condomini del palazzo  di sapere per chi vota l’amministratore?

E che dire, poi, del consulente finanziario? Peggio che andar di notte, perché se uno pensa che quelli del Pdl-Fi sono tutti imbroglioni, mafiosi e delinquenti, perché mai dovrebbe affidare i propri risparmi ad uno di loro? E se mai qualcuno scoprisse che la moglie vota di nascosto per il Cavaliere, come potrebbe riposare fiducioso e tranquillo al suo fianco con il dubbio che abbia preso parte ad un festino nella villa di Arcore quando si assentò un paio di giorni dicendo che si recava a trovare una vecchia zia in Brianza?

A guardare in faccia i vincitori della battaglia del “Chiuso delle vacche” (ricordate “La Fattoria degli animali”?) fanno accapponare la pelle. Luigi Zanda somiglia ad un membro candidato della segreteria di Breznev, mentre le ragazzotte e i ragazzotti del M5s intessono danze rituali  consapevoli di essere riusciti a portare il Pd sulle loro posizioni.

Ma la linea di condotta  più insopportabile è quella della “maestrina dalla penna rossa”, Linda Lanzillotta di Scelta civica, il cui voto è stato determinante per lo scempio della democrazia che si è consumato sotto i nostri occhi.

Mentre gli altri sei senatori hanno votato con la bava alla bocca, contro un nemico per togliere di mezzo ogni possibilità, anche la più improbabile e remota, che potesse cavarsela, la vice presidente del Senato si è avventurata in una disamina giuridica tenuta su con le pecette. Non ha senso, infatti, affermare che, essendo ‘’nuova’’ la legge Severino, non ci sono precedenti a cui orientarsi, quando la questione vera è quella sottostante e riguarda il principio dell’adozione del voto segreto a qualunque fattispecie attinente alla persona, a prescindere dal merito del voto stesso.

In particolare, nella tradizione del Senato, la decisione della Giunta appare tanto più incomprensibile considerato che, secondo una prassi consolidata, quella Camera ha sempre giudicato, senza eccezione alcuna, le deliberazioni relative allo status di parlamentare e ai titoli di ammissione (di cui all’art. 66 Cost.) come voti riguardanti persone e quindi rigidamente sottoposti al voto segreto.

L’innovazione, pertanto, è evidente. Ed è contra personam. Al di là delle discutibili dissertazioni normative di cui si è fatta scudo la vice presidente Linda Lanzillotta, il suo voto nella Giunta del Regolamento non si è limitato, quindi, a dare un contributo determinante all’ulteriore imbarbarimento del dibattito, ma ha, nei fatti, schierato Scelta civica (visto che quel voto non è stato smentito da nessuno) tra quelle forze che concorrono a far precipitare l’attuale quadro politico.

Tutto può essere richiesto, infatti, alle ‘’colombe’’ del Pdl, ma non fino al punto di prestarsi ad avallare, senza reagire, un atteggiamento oggettivamente discriminatorio contro Silvio Berlusconi, come tale voluto ed imposto con la forza dei numeri, in palese violazione del diritto e della prassi parlamentare.

I manuali di strategia militare spiegano che agli avversari è sempre bene lasciare la possibilità di salvare la faccia, per non costringerli a combattere ad oltranza solo per difendere il proprio onore. Ma von Clausewitz non abita qui.

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