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Bagnai e le formiche. Una lettera cortese dopo molti tweet

Caro direttore,

ho potuto leggere solo oggi le critiche e la reazione molto negativa del Prof. Alberto Bagnai all’articolo a mia firma dedicato a un suo profilo. Articolo che si inserisce in una serie di “ritratti” che tu mi hai commissionato sui più autorevoli economisti portatori di una contestazione profonda all’Unione Europea della moneta unica e dell’austerità finanziaria come Antonio Rinaldi e Claudio Borghi.

Vorrei cogliere l’occasione per spiegare il ricorso a termini che lo studioso ha ritenuto offensivi e mistificanti rispetto alla sua attività culturale e divulgativa e alla sua persona.

Mi riferisco agli aggettivi “populista e nazionalista” che ho accostato alla sua prospettiva culturale. Comprendo la dura risposta all’utilizzo di tali espressioni, che so bene l’economista ha inserito in una riflessione sul suo blog come provocazione intellettuale rivolta ai detrattori delle contestazioni radicali al percorso di integrazione monetaria europea. Mi spiace davvero, e di ciò mi scuso, se queste parole sono apparse fuorvianti rispetto alla conoscenza corretta del suo pensiero.

Anziché scrivere “prospettiva allo stesso tempo “socialista, populista, nazionalista”, sarebbe stato forse più giusto affiancare al termine “socialista” gli aggettivi “nazionale e popolare”. Parole che a mio giudizio, opinabile e fallibile, forse meglio esprimono un tratto originale e distintivo delle riflessioni dell’economista. Leggendo i suoi interventi in Rete e ascoltando più volte, e con grande interesse, i suoi ragionamenti in tv e in convegni scientifici dedicati alle problematiche dell’unione monetaria, ho potuto evincere come il principale bersaglio polemico dello studioso sia “la globalizzazione indiscriminata a egemonia finanziaria, ammantata dell’internazionalismo liberal-liberista che invoca l’abbattimento di frontiere per la creazione di un mercato mondiale omogeneo. E che non può fare a meno dell’euro, pilastro del più grande progetto di predominio oligarchico nella storia del Vecchio Continente”. Mentre emerge la sua profonda convinzione che “soltanto lo Stato nazionale può garantire un’effettiva sovranità popolare e la dignità dei lavoratori”.

Una prospettiva, quest’ultima, che viene criticata dai fautori di un’organizzazione politica e istituzionale europea di tipo federalista, nella convinzione che sia utopico confinare la democrazia e la sovranità popolare, lo Stato di diritto costituzionale e l’emancipazione delle classi lavoratrici e più umili nei confini nazionali. E che, anzi, proprio lo Stato nazionale abbia storicamente rappresentato e rappresenti ancora oggi un ostacolo e un’insidia per l’affermazione di quei valori.

Per questo motivo ho accostato la riflessione di Bagnai a un filone culturale e politico alternativo a quello “federalista”. E nella valorizzazione del trinomio “Stato nazionale-sovranità assoluta del popolo-causa dei lavoratori” ho colto le tracce di una corrente profonda nell’universo progressista risalente almeno alla Rivoluzione francese, che ho riassunto con il termine “giacobina”. Riconoscendo piena nobiltà e dignità a tale impostazione e marcando le differenze radicali rispetto alla prospettiva “federalista europea” riassunta nel Manifesto di Ventotene.

Ma anche in questo caso non ho pensato mai e in alcun modo di distorcere la riflessione dello studioso classificandola con etichette superficiali in rigide griglie ideologiche. Né di “prendere partito” a favore di questa Unione Europea e integrazione monetaria, quanto di più lontano e per molti versi ostile alle aspirazioni di Ernesto Rossi, Eugenio Colorni, Altiero Spinelli.

Edoardo Petti

Caro Edoardo, correttezza e competenza ti contraddistinguono. Penso che questa lettera non fosse dovuta, ma proprio per questo ti fa ancor più onore. (Michele Arnese)

Ecco la discussione suscitata su Twitter dall’articolo di Edoardo Petti

 

 


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