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Chi difende ancora il logoro articolo 18

Si è cresciuti, anche a destra, con il mantra che l’articolo 18 non si tocca. A dirlo, che quell’articolo è un problema, c’è quasi da vergognarsi. Se in qualche conversazione semiseria qualcuno se ne usciva con l’abolizione, subito l’interlocutore di turno saltava al collo, argomentando, nella migliore delle ipotesi, che la flessibilità è il futuro, ma che non si possono licenziare le persone secondo necessità. E’ ingiusto, immorale, disumano. Ciò che è ingiusto, invece, sembra essere il principio dell’articolo 18, secondo il quale ad un giudice è permesso di sindacare l’esistenza della giusta causa o dei motivi del licenziamento potendo disporre integrazione e risarcimento del lavoratore.

Non è il mercato dunque e le conseguenti necessità aziendali a forgiare il mercato del lavoro, ma una legge e la sua applicazione. Eppure, sarebbe tutto più semplice se l’articolo 18 fosse sostituito da una sostanziosa indennità per il lavoratore che non è più necessario a quell’impresa, accompagnandolo con percorsi di formazione, mobilità e funzionalità dei centri per l’impiego. Il mercato del lavoro guadagnerebbe in dinamismo ed i lavoratori in opportunità occupazionali. Certo, la riforma dovrebbe essere necessariamente complessiva, capace di ridisegnare il welfare e abbassare il costo del lavoro. Invece allo stato attuale, tra tasse soffocanti, ed una regolamentazione che rende illicenziabili gli assunti a tempo indeterminato le aziende hanno usufruito del tempo determinato, degli stage, del praticantato creando una nuova apartheid del mercato del lavoro di cui hanno fatto le spese tutti gli under 40.

Però il pudore moralistico e le lezioncine impartite dalle cattedra hanno avuto la meglio. Berlusconi ci provò ad inizio anni 2000, ma si fece spaventare dalla manifestazione della CGIL. Gli altri leader del centrodestra non hanno mai provato nemmeno a parlarne e, ad oggi, è ignoto al pubblico il piano di riforma del mercato del lavoro dei partiti che popolano il centrodestra. L’altro giorno, invece, è sbucato Matteo Renzi con la proposta di abolire l’articolo rispetto ai contratti dei giovani. Basta? Ovviamente no, ma per il leader del PD il salto avanti è comunque quantico. Dove invece si è rimasti indietro è in tutto ciò che non è a sinistra. Ad esempio, perchè Angelino Alfano non ha rilanciato da destra proponendo l’abolizione totale dell’articolo 18? Sono misteri, nemmeno troppo fitti, di una sudditanza culturale.



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