Se non è un giorno storico per la crisi greca, poco ci manca. Dopo cinque giorni di dibattito, il Parlamento ellenico ha approvato il bilancio per il prossimo anno. I sì sono stati 153 e 142 i no. Il bilancio per la prima volta vede un avanzo primario di 812 milioni di euro, ovvero l’1,6 per cento della produzione economica: il doppio di quanto inizialmente previsto. Ma se da un lato la colonna dei “più” torna a riempirsi di qualche numero, non si comprende come quella dei meno non fermi il proprio trend, dal momento che la Troika già annuncia altri tagli e balzelli per un totale di circa cinque miliardi di euro.
FANTASIA DEI NUMERI
Il premier conservatore Antonis Samaras continua a ripetere che il 2014 sarà un anno di ripresa economica, dopo una recessione di sei anni. Il fatto che per la Grecia si preveda un minimo di crescita economica, per molti osservatori basta a rafforzare la potenziale negoziazione del Paese con i suoi creditori. Ma nel bilancio c’è anche scritto che due miliardi di euro verranno da nuove entrate fiscali. Inoltre è previsto un taglio di altri tre miliardi di euro a sanità pubblica e welfare.
I MOVIMENTI DI PROTESTA
Secondo fonti giornalistiche greche, da Bruxelles non sarebbe stata sbloccata l’ulteriore tranche di prestiti di dicembre se prima non fosse stato approvato il bilancio. Una vulgata che, se fosse confermata, per alcuni analisti aggiungerebbe dettagli geopolitici alla vicenda, lasciandone presagire una conclusione lontana. I movimenti di protesta interni, sfumati negli ultimi mesi tra la gente comune, stanno invece trovando terreno fertile nelle fazioni più estremiste. L’obiettivo è il rifiuto del memorandum della Troika.
LA RECESSIONE CONTINUA
Ma al di là di trend, previsioni e rilievi di agenzie di rating o di Bruxelles (la stessa che, evidenziano i più critici, non ha controllato l’ingresso di Atene nella moneta unica, avvenuto, come si sostiene oggi da più parti, senza requisiti necessari), la recessione persiste, con un tasso di evasione fiscale non ancora intaccato.
LE MOSSE DI SAMARAS
Kerin Hope, dalle colonne del Financial Times, osserva che con i conti in attivo e con un’economia impostata per il prossimo anno ad una forma di crescita, il premier Samaras non sarebbe più così disposto a piegarsi alle richieste dei creditori della Troika. E per sottolineare questa tesi, viene riportata la notizia secondo cui la nuova missione ad Atene dei rappresentanti di Bce, Ue e Fmi sarebbe stata rinviata. Ma se così fosse come mai lo stesso Samaras non ha fatto nulla nella direzione della rinegoziazione del debiti? O nel pretendere nel suo recentissimo vertice a Berlino con la cancelliera Merkel che di pari passo all’austerità e ai tagli fosse stimolata anche una diversa politica industriale e privatizzazioni meno drastiche? Domande che molti osservatori si pongono.