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Ichino torna renziano e loda lo Job Act (che pure Damiano elogia un po’)

Sperimentare, snellire, semplificare: è il mantra del senatore montiano Pietro Ichino, che per l’occasione (il Job Act) torna in parte renziano e loda il nuovo progetto sull’occupazione. Le linee guida fanno riferimento in primis alla sperimentazione di un nuovo metodo nei servizi al mercato del lavoro, ovvero il contratto di ricollocazione. In seguito spazio ad un rapporto a tempo indeterminato più flessibile e meno costoso, a cominciare dai giovani. Infine attenzione alla promozione del lavoro femminile con lo sgravio fiscale selettivo e alle misure per l’active ageing. Ma non mancano le frizioni e le analisi.

DIBATTITO DEMOCRAT
Mentre il fronte sinistro del Pd e quello più legato al sindacato hanno già avanzato perplessità nel merito del Job Act renziano, i riformisti come Ichino, una volta consigliere ed estimatore di Renzi, sottolineano invece i benefici che ne potranno derivare. Un passo avanti importante, lo definisce il giuslavorista dalle colonne del Secolo XIX, ma con alcune precisazioni. In primis all’ex ministro Cesare Damiano che lo accosta al “contratto unico di inserimento formativo” proposto dal Pd la scorsa legislatura, Ichino replica che “il progetto renziano conserverà l’articolazione attuale dei tipi contrattuali, i quali svolgono tutti una funzione non eliminabile”. Ma se non interverranno “bruschi ritorni indietro, interverrà a rendere più flessibile il tipo contrattuale principale nella sua fase iniziale, probabilmente secondo il modello delineato nel progetto Boeri-Garibaldi“.

CUIF
Il contratto unico di inserimento formativo secondo Ichino configurava “un ennesimo caso di contratto a termine” e i democratici lo sostenevano perché gli consentiva di non toccare il contratto a tempo indeterminato, “considerato tabù”. Ma a furia di “allargare le possibilità di contratto a termine per evitare di toccare il tabù, siamo arrivati al punto che cinque assunzioni su sei avvengono con contratti a termine”.

CIG E DISUCCUPAZIONE
Ichino esclude che il Job Act di Renzi cancelli cig e disoccupazione, introducendo il sussidio unico per tutti i lavoratori. Invece evidenzia il tratto saliente di voler ricondurre la Cassa integrazione alla sua funzione originaria, “escludendo il suo uso nei casi in cui non c’è ragionevole prospettiva di ripresa del lavoro”. E aggiunge che si tratta di casi in cui deve entrare in funzione il trattamento di disoccupazione universale, “che oggi è l’ASpI, già istituita dalla legge Fornero“.

GIOVANI
Secondo Ichino la differenza del tasso di disoccupazione giovanile rispetto a quello generale non è dovuta alla disciplina generale del rapporto di lavoro, ma “al grave difetto di un servizio di orientamento scolastico e professionale capillare ed efficace; a un sistema di formazione professionale per la maggior parte incentrato sugli interessi degli addetti e non su quelli degli utenti; a un sistema scolastico che sperimenta ancora in modo del tutto insufficiente i programmi di alternanza scuola-lavoro”.

BANCHE
Altro elemento centrale nel dibattito sull’occupazione il ruolo delle banche. Sul punto Ichino ritine che gli istituti “temono la rigidità dei costi di lavoro, determinata dalla difficoltà di aggiustamento degli organici quando le cose vanno male per l’azienda debitrice”. Ma in caso di maggiore fluidità degli organici a tempo indeterminato, con un “costo di separazione ragionevole e predeterminabile”, ecco che a quel punto le banche “non avranno più ragione di incoraggiare le aziende a optare per i rapporti precari”. Ma al netto di valutazioni e analisi, conclude, l’elemento che non va dimenticato è che la sicurezza economica e professionale dei lavoratori “da qui in avanti non potrà più essere garantita da un ingessamento del rapporto”. Bensì garantita nel passaggio da un’azienda a un’altra, “in termini di sostegno robusto del reddito e servizi di assistenza intensiva per la ricerca della nuova occupazione e la necessaria riqualificazione”.

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