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Beppe Grillo assalta l’Europa

Beppe Grillo rilancia il Movimento Cinque Stelle radicalizzando l’offensiva contro l’Unione Europa della moneta unica e dell’austerità finanziaria a trazione germanica. E accentuando la campagna contro il Presidente della Repubblica, ritenuto dal “popolo penta-stellato” il simbolo e il pilastro dell’oligarchia partitica. Lo fa a Genova, in una Piazza della Vittoria gremita di 100mila persone che fa da cornice al terzo V-Day intitolato “Oltre”. E riconquista la centralità della scena pubblica riuscendo a mettere in ombra polemiche, conflitti, dissensi e tensioni che negli ultimi mesi hanno percorso l’universo parlamentare delle Cinque Stelle e contribuito ai risultati deludenti delle recenti tornate amministrative.

L’ORGOGLIO POPULISTA

Rivendicando con fierezza l’appellativo di “populista” che i suoi detrattori gli attribuiscono per liquidarne accuse e provocazioni, il comico ligure ricorre ad argomenti puntuali e presenta proposte precise sul fronte europeo. A riprova della sua proiezione verso il primo vero banco di prova elettorale dopo il trionfo di febbraio: il voto della primavera 2014 per l’Assemblea di Strasburgo. Per il quale il M5S sembra partire in pole position rispetto alle altre forze politiche: quelle governative-europeiste e le formazioni come Forza Italia entrate di nel campo dell’opposizione all’esecutivo delle larghe intese e ai vincoli comunitari di bilancio. Mentre fino a pochi giorni fa autorevoli osservatori mettevano in rilievo le consonanze anti-euro e anti-austerity delle due formazioni, contenuti e accenti dell’intervento di Grillo tornano a marcare differenze profonde.

I SETTE PUNTI DEL PIANO ANTI EURO

Per “andare oltre un’Europa che ha tradito le promesse di generosità abbandonando la Grecia al proprio destino per pochi miliardi di euro”, Grillo propone un programma articolato in sette punti. Dire basta ai rigidi rapporti tra deficit, debito pubblico e Prodotto interno lordo fissati dal Fiscal Compact, “che ci impone ogni anno di tagliare la spesa pubblica di 50 miliardi”. Abrogare il principio del pareggio di bilancio inserito in Costituzione. Adottare gli Eurobond “per mettere in comune il debito sovrano degli Stati”. Richiedere e convocare un referendum per scegliere se rimanere o uscire dalla moneta unica, “che dalla sua introduzione in Italia ha fatto registrare una caduta continua del PIL e una crescita esponenziale del debito oltre a farci perdere la sovranità economica. Mentre ben dieci paesi che ne sono fuori possono vantare una realtà produttiva in crescita”.

URGE UN PIANO B

Ma il cuore e il punto più originale del programma è l’idea di mettere a punto un “Piano B di emergenza” nell’eventualità di una nostra fuoriuscita dall’area della valuta comune. Progetto fondato su “un euro a due velocità adeguato alle divergenze sempre più accentuate nelle economie reali tra i paesi del Nord e le realtà mediterranee”. È una proposta che presenta forti affinità con la prospettiva su cui da tempo riflette l’economista Paolo Savona quanto alla necessità di pianificare una sorta di Piano B, recentemente rilanciata da Romano Prodi sulle pagine del Messaggero quanto alla necessità per i Paesi del mediterraneo di fare fronte comune in chiave anti tedesca.

ROMPERE IL CIRCOLO VIZIOSO DELLA BCE

Per risollevare l’economia reale e far rientrare in Italia le aziende che hanno trasferito altrove le loro attività, il fondatore del M5S propone di stabilire tassi di interesse “umani e tollerabili” per il credito delle banche alle imprese. E “rompere il meccanismo perverso per cui la BCE oggi presta 8mila miliardi di euro a tassi minimi a istituti creditizi che li reinvestono in titoli del debito pubblico anziché nei comparti produttive famiglie”. Ma ciò non basta. L’obiettivo è “salvaguardare le imprese nazionali dall’impoverimento, dalla perdita di valore, dal rischio di una loro acquisizione a prezzi stracciati ad opera dei gruppi stranieri come accaduto con Telecom”.

LE VOGLIE PROTEZIONISTE

E la strategia per realizzarlo è improntata alla tradizione protezionistica: imporre dazi doganali. “Perché la libera circolazione e concorrenza dei capitali porta le realtà industriali ad accorpare e licenziare. E spinge la Cina a comprare tutto e senza freni negli altri paesi”. Una piattaforma ostile a riforme di impronta liberista e orientata alla tutela del “Welfare, acqua e scuola pubblici”, all’introduzione del reddito di cittadinanza “prima di tutto per gli 8 milioni di poveri”, alla “lotta a fianco dei lavoratori che si battono contro la privatizzazione delle società municipalizzate”. Nell’alveo liberale si colloca invece la richiesta di abrogazione dell’IRAP “che soffoca gli imprenditori”. E la ricetta di un “regime fiscale che penalizzi le fonti energetiche pesanti e inquinante a favore dell’innovazione nelle sorgenti pulite e rinnovabili”.

L’AFFONDO CONTRO GIORGIO NAPOLITANO

L’altro bersaglio privilegiato al centro dell’intervento di Grillo è la realtà partitica. Condannata nella sua interezza, senza eccezioni. “Grazie all’ingresso dei nostri rappresentanti nelle istituzioni e all’impegno di giovani e donne non siliconate – tuona il comico ligure – abbiamo desacralizzato la finta sacralità di un Parlamento pieno di massoni, piduisti, condannati con il patteggiamento. E da qui vogliamo far ripartire la più grande rivoluzione culturale della storia italiana”. Rivoluzione che per il fondatore delle Cinque Stelle richiede l’archiviazione di “partiti in liquefazione, ridotti ad amebe frantumate in centinaia di molecole sempre più affamate di risorse pubbliche”. Rivendica per il popolo penta-stellato l’appellativo di “populisti arrabbiati”, visto che “la Corte dei Conti ha impiegato 20 anni per ipotizzare l’incostituzionalità dei rimborsi elettorali ai partiti: truffa semantica congegnata per mascherare i finanziamenti pubblici abrogati dal referendum popolare del 1993”. Un flusso che ammonta ad almeno 2,7 miliardi di euro: “Denaro rubato che rivogliamo indietro con gli interessi per destinarlo agli imprenditori in crisi”.

LE PROSSIME MOSSE A CINQUE STELLE

A emblema della politica fraudolenta Grillo addita il capo del governo, “comandante di una nave che va verso il naufragio”. Ma il vero destinatario delle sue accuse, percepito dalla piazza del V-Day come l’autentico avversario della “rivoluzione a Cinque Stelle”, resta Giorgio Napolitano. È lui, spiega Grillo, “il simbolo di una realtà politica in disfacimento, la personalità che con tre leader di partito ha organizzato in una notte la nascita dell’esecutivo di larghe intese, colui che ha voluto distruggere i nastri delle conversazioni telefoniche con Nicola Mancino”. Comportamenti che ai suoi occhi lo rendono responsabile del reato di alto tradimento e attentato alla Costituzione sancito dall’articolo 90 della Carta fondamentale. E per i quali “il Movimento Cinque Stelle chiederà la messa in stato d’accusa del Presidente della Repubblica”.


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