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Il Corriere della Sera e il Sole 24 Ore manganellano Coldiretti e De Girolamo

Numeri, tesi e falsità sul Made in Italy alla luce delle analisi che Corriere della Sera e Sole 24 Ore (ma anche Coldiretti e Confindustria) avanzano sulla protesta andata in scena al Brennero e sotto Montecitorio. Nel mezzo l’amarezza per un settore, quello dell’agroalimentare biancorossoeverde, che si sente non troppo seguito e tutelato dalla politica. Anche se molti addetti ai lavori, o esperti del comparto, non sono molto d’accordo con questa tesi.

DERBY
Ecco come la manifestazione della Coldiretti a Piazza Montecitorio è stata vista con l’inchiostro dei diversi interessi di Coldiretti e Confindustria che continuano a trasparire (o a deflagrare). Allevatori e agricoltori, armati di bandiere, cappellini e maiali hanno manifestato prima al valico del Brennero, poi sotto i palazzi della politica romana per dire no alla concorrenza sleale – dicono – che sta mettendo in crisi i prodotti made in Italy. Anche perché, come osserva Carlo Cambi su Libero, è la Merkel la nemica del Made in Italy: la Germania infatti non vuole l’obbligo di origine nelle etichette per tutelare le sue imprese più importanti.

QUI CORRIERE
Non solo la Babele dei prodotti raccontata da Giuseppe Sarcina, ma soprattutto un messaggio chiaro sul come e sul perché. Dario Di Vico nel suo commento sul Corriere della Sera si scaglia contro l’iniziativa di portare in segno di protesta alcuni maiali davanti a piazza Montecitorio, “segno di una visione arruffona della rappresentanza sociale”. E accusa: “Se quell’immagine dovesse essere ripresa da qualche giornale o televisione in giro per il mondo sappiamo chi dovremo ringraziare dell’ulteriore e gratuito discredito gettato sulle istituzioni del nostro Paese. I problemi ci sono e vanno affrontati a viso aperto”. Sottolinea che “la verità è che siamo troppo timidi nella promozione”, invece proprio Berlino vende fuori dai confini nazionali “più di noi senza avere i prodotti che può vantare la cultura eno-gastronomica del Belpaese, esportiamo 27 miliardi di euro ma nel mondo vengono «spacciati» oltre 50 miliardi di euro di confezioni italian sounding”. Certo, di contro è anche vero che l’Italia recupera tre miliardi annui “ma è ancora troppo poco, occorre accelerare e rafforzare le reti lunghe che portano anche nei Paesi emergenti la nostra cultura del cibo e il nostro modello alimentare”. E indica nei successi di Eataly la dimostrazione che “questa è la strada e che se c’è un settore nel quale un mondo più aperto non ci deve assolutamente far paura è proprio quello del food”.

QUI SOLE
Nel suo editoriale sul quotidiano confindustriale invece Lello Naso mette l’accento su bersagli sbagliati e autogol. Nella consapevolezza che il nodo riguarda un serio problema di falsificazione del made in Italy, su cui “si deve dare atto alla Coldiretti di essere da sempre in prima fila”. E osserva come i supermercati di mezzo mondo “sono pieni di improbabile parmesan o cambozola, per citarne due, volgari imitazioni del Parmigiano e del Gorgonzola che danneggiano il sistema Italia, o di confezioni falsamente etichettate come italiane e invece prodotte in ogni dove”. Per poi rivolgersi al ministro dell’agricoltura Nunzia De Girolamo, che, secondo Naso, “questa battaglia, la battaglia contro falsi e truffe, contro l’italian sounding, ministro De Girolamo, deve cementare in sede Ue e Wto il Governo e l’intera filiera agroalimentare italiana”. Stigmatizzando il fatto di voler “buttare tutto in caciara”, mescolando “made in” e il falso, il mercato e le regole: così, osserva, “getta una cattiva luce sul sistema Paese proprio alla vigilia dell’Expo di Milano dedicato all’alimentare, un autogol clamoroso: per l’industria e l’agricoltura senza distinzione alcuna”.

twitter@FDepalo

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