Dallo slancio esplicitato al V-Day genovese di mettere dazi “sui nostri prodotti”, alla cavalcata contro la web tax. La schizofrenia programmatica di Beppe Grillo registra un altro capitolo, “vergato” dopo che il Senato ha approvato la Google Tax e “i legislatori italiani – si legge sul suo blog – davvero sembrano essere del tutto ignari del fatto che questa legge è illegale secondo le norme dell’Unione Europea che riguardano il commercio e la creazione di imprese”. Ma non si comprende come il leader del M5S possa mutare così rapidamente atteggiamento nei confronti dello stesso argomento, dal momento che un mese fa lanciava strali pro tasse.
GOOGLE TAX
La tesi del comico genovese è che “il modo in cui funziona il sistema europeo è che il diritto dell’Unione Europea è superiore al diritto nazionale”. Ragion per cui “non importa ciò che i deputati italiani, o i senatori, e neppure il Presidente o il Primo Ministro, dicono di ciò che la legge dovrebbe essere in Italia. Se si viola il diritto dell’Unione, allora non sta in piedi”.
V-DAY E DAZI
In occasione del V-Day genovese dello scorso primo dicembre però, la smania da tasse aveva prodotto l’idea di un dazio sui prodotti italiani. Il motivo? “Le multinazionali comprano, accorpano, licenziano e fanno profitti, lasciando cadaveri – osservò dal palco – Fanno i profitti con i licenziamenti, vi rendete conto? Le prime aziende del mondo sono quelle della telecomunicazioni e noi ci siamo svenduti la migliore che avevamo, Telecom. L’hanno comprata, svuotata, ridotta a un cadavere e svenduta. La Telecom è stata svenduta da tre banche in una notte, ora gli spagnoli la spolperanno e lasceranno un cadavere”. Per poi affondare: “Metteremo di nuovo un dazio sui nostri prodotti, voglio tutelare i nostri prodotti. I cinesi importano in Europa 300 miliardi di prodotti”.
BOCCIA
Francesco Boccia, presidente della commissione Bilancio della Camera, chiamato in causa in prima persona da Grillo, ha osservato che “la web tax è soltanto una misura di equità fiscale: se l’azienda di Brescia o di Catania deve pagare un’imposta per ciò che ha guadagnato in Italia, altrettanto devono fare le multinazionali del web che guadagnano nel nostro Paese e che oggi, incredibilmente, pagano le tasse in paesi che hanno un’aliquota più conveniente”. Dalle colonne del Sole 24 Ore aveva ribadito che “si tratta dei principi basilari dell’equità fiscale, sociale e produttiva”. Nel senso che “Google, Amazon e altre multinazionali che operano in Italia sono aziende straordinarie che hanno contribuito a cambiare i tempi che viviamo”. Per cui “devono pagare in Italia le tasse su ciò che guadagnano in Italia”. E rivolgendosi ai parlamentari del M5S aveva osservato: “Grillo spieghi loro perché Google dev’essere privilegiata, la web tax non è illegale. Diventerà presto illegale fare i furbi col fisco. Anche attraverso il mouse tanto caro al leader M5S”.