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L’Italia s’avvita. Il mondo rischia l’esplosione!

Mentre gli italiani sono interattenuti dalle vacue e noiose diatribe dei politici attorno a riposizionamenti i cui contenuti sono alieni dalla realtà del paese, dell’Europa e del mondo, in questo scorcio di 2013 si giocano le molto reali carte del nostro futuro prossimo.

In modo schematico seguono tre situazioni tra le più importanti per il nostro avvenire.

Ucraina

Per circa 300 anni l’Ucraina è stata parte dell’Impero russo degli Zar e poi dell’URSS. Il sud e l’est dell’Ucraina è abitato da persone etnicamente russe e in questo territorio risiede l’insieme delle strutture produttive industriali del paese. La Crimea è Russia (fu donata da Kruscev all’Ucraina per celebrare l’unione russo-ucraina) ed ospita irrinunciabili basi e installazioni militari russe. L’area sudoccidentale dell’Ucraina è quella dei piccoli proprietari terrieri (Kulak) che hanno da sempre manifestato sentimenti nazionalistici, persino favorevoli all’invasione della Wehrmacht tedesca, poi repressi duramente in epoca staliniana, e oggi forse i soli ipotetici beneficiari dell’adesione all’Unione Europea. È sul sostegno di questi ultimi che l’UE ha strutturato la sua politica di negoziato, offrendo fondi strutturali e agricoli. In pratica, i capi dell’UE (Van Rumpuy; Barroso; Ashton; Schultz) hanno cercato di ‘comprare’ il sostegno di queste popolazioni. Ma è proprio nel campo UE che i timori di Francia e Spagna, preoccupate della concorrenza nell’agricoltura, hanno pesato tanto da diluire le offerte europee trasformandole piuttosto in promesse per l’adesione ai ‘valori europei’. Purtroppo l’UE non vuole ammettere il fallimento politico e diplomatico del negoziato sull’insieme del ‘partenariato orientale’ e insiste nell’agitare i fantasmi delle ‘rivoluzioni colorate’ (non è bastata l’assurda enfasi sulle ‘primavere arabe’?). Il presidente Yanukovic ha fatto pragmaticamente la cosa più giusta: rinviare l’accordo commerciale con l’UE fino a quando anche la Russia e l’UE non avranno trovato un accordo bilaterale. Un gesto patriottico che ha evitato il tracollo economico e le ritorsioni commerciali, ma forse anche militari, di Mosca. Adesso, qualcuno da Bruxelles deve andare a spiegarlo ai manifestanti che incoscienti protestano al freddo e sono purtroppo repressi dalle forze dell’ordine ucraine. Anche in considerazione della valenza ucraina per le forniture di gas all’UE, è evidente che sarebbe stupido far precipitare il paese nel caos alle porte dell’inverno.

Golfo, Iran, Iraq, Siria

Tra qualche giorno (6-8/12) iniziano i ‘dialoghi’ di sicurezza a Manama, Bahrein, ai quali partecipa il gota della comunità internazionale convenuta dal noto network britannico IISS. È bene non dimenticare che proprio in questo paese l’Arabia Saudita ha ‘nazionalizzato’ il Consiglio di Cooperazione del Golfo (GCC) inviando proprie truppe per la violenta repressione della consistente minoranza sciita. Ai ‘dialoghi’ ci sarà il ministro degli esteri iraniano oltre al sottosegretario alla difesa americano e importanti delegazioni da tutta la regione e da altre parti del mondo. Il tema di quest’anno è “il nuovo assetto di potere nel Golfo”, dopo l’accordo programmatico americano-iraniano testimoniato dalla partecipazione a Ginevra dei vertici del P5+1. Ma si parlerà anche di Siria. Non va dimenticato, infatti, che per la prima volta il presidente siriano Assad ha chiaramente detto che il suo paese è in guerra con l’Arabia Saudita, accusata di sostenere e pagare le truppe jihadiste che hanno invaso la Siria provocando la guerra in corso. La posizione dello ‘stranamore’ israelo-saudita sull’Iran e sugli Hezbollah è nota tanto quanto il rischio, purtroppo reale, che la coppia ritenga opportuno non aspettare che l’accordo con l’Iran produca effetti di pacificazione della regione. A questo si aggiungono le smanie geopolitiche di attori regionali come Turchia, Qatar, e Iraq che contribuiscono a rendere il teatro mediorientale molto esplosivo. Non va dimenticato anche che il previsto ritorno dell’Iran nel commercio internazionale dell’energia (se le sanzioni occidentali saranno ridotte) avrà un effetto dirompente sulle quotazioni di grezzo, abbassandole, e di conseguenza farà emergere il bluff speculativo, sia finanziario sia geopolitico, che gli americani hanno sostenuto sugli effetti benefici dell’estrazione dagli scisti d’argilla (shale). Quindi nei ‘dialoghi’ di Manama si parlerà del nostro futuro prossimo.

Cina

Molta attenzione è stata prestata agli annunci del Plenum del Partito Comunista Cinese in materia di economia. Con enfasi si è sottolineata la ‘svolta’ per l’apertura interna del mercato della Cina, abbandonando le politiche che favorivano le grandi industrie di stato, facilitando l’accesso alla proprietà privata e alla mobilità geografica. Invece, è stato praticamente eluso il fatto che la Cina ha annunciato di non voler più ricorrere alle riserve di valuta straniera per sostenere la propria crescita economica. Questo significa, in pratica, che la Cina smetterà progressivamente, ma sensibilmente, di comprare titoli di stato esteri, principalmente in dollari americani. Per Obama è una notizia durissima, peggiore dei problemi dell’Obamacare. In questo modo si mette a rischio la tenuta della politica espansiva (cioè stampare dollari) che la FED è costretta a continuare. I nodi al pettine per gli USA torneranno a metà febbraio quando svanirà la ‘pace’ sul ‘fallimento fiscale’ (fiscal cliff). Forse questo spiega il rinnovato impegno militare americano a sostegno del Giappone per contrastare la dichiarazione cinese di “zona di informazione della difesa aerea” sulle isole contese nel Pacifico. Insomma, all’annuncio economico è subito seguito un messaggio aggressivo, di difesa aerea americano-giapponese. Quindi, non c’è da stare troppo tranquilli.



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