Giorgia non è Giorgio, ha sentenziato il capo de La Destra Francesco Storace sulla stampa alludendo alla differenza leaderistica fra gli interpreti di ieri (Almirante) e di oggi (Meloni). Ma al di là delle battute o della capacità di unire un mondo ormai disgregato e rissoso, per la destra italiana potrebbe aprirsi un fronte giudiziario lungo e farraginoso: con le carte da bollo a fare da protagoniste al posto di idee e programmi.
LE TESI
Dopo l’infuocata assemblea della Fondazione di An andata in scena sabato scorso all’Hotel Ergife di Roma, tra insulti, liti, scontri verbali (e non solo) che con 290 voti su 292 ha concesso l’uso del simbolo a Fratelli d’Italia, è il momento delle analisi. Da un lato Meloni e La Russa che non rinunciano ad un partito che ha già una rappresentanza parlamentare e che si prepara alle elezioni europee. Con la prima che si è caratterizzata per un discorso generale a fronte dell’ex ministro della Difesa quasi giunto alle mani con più d’uno. “La Fondazione ha avuto un significato e un senso preciso”, fanno sapere fonti vicine all’ex ministro delle Telecomunicazioni Maurizio Gasparri, ovvero con l’obiettivo di preservare simbolo e patrimonio: usare quel logo seppur parzialmente in una delle componenti minoritarie non è un’opzione su cui sono in accordo. Anzi, “è la pura certificazione di quello che era stato il fallimento di An”, ammette un senatore che viene dalla storia del Msi e poi passato per Fiuggi. Il futuro? Se la destra dovrà rinascere, “dovrà rinascere in maniera totalmente nuova, sia nelle persone che nelle idee”. A cui però, al momento, manca un leader: carismatico e riconosciuto da tutti.
CONTENZIOSO
Proprio Gasparri ha già annunciato un contenzioso, al pari di Storace che non ha partecipato all’assemblea. Tra l’altro l’ex capogruppo pidiellino al Senato è indagato per peculato: ha ricevuto l’avviso di chiusura delle indagini, circa fondi del partito utilizzati per stipulare un’assicurazione anche se la somma è poi stata restituita. “Non mi sono mai appropriato di nulla”, si difende. I pm chiedono l’archiviazione per la gestione dei contributi parlamentari erogati nella passata legislatura assieme all’attuale ministro delle Riforme Gaetano Quagliariello. Sul piede giudiziario anche il Movimento per An, nato lo scorso 9 novembre per volontà di Storace, Menia e Poli Bortone (ecco la galleria fotografica) per ridare una casa comune alla destra italiana.
LITI MIOPI
Così le definisce dalle colonne del Giornale l’ex sindaco di Roma Gianni Alemanno, secondo cui tutto è stato regolare e non c’è stato alcuno scippo. A Storace che parla di una criptodestra e che annuncia ricorso, Alemanno replica: “Posso capire, ma ricordo che il 14 dicembre un notaio ha certificato un appello nominale in cui risultano 60 voti in più del numero legale. Ma non è accettabile politicamente la convergenza contro di noi di due posizioni contrapposte”. E descrive chi da un lato ha fatto una scelta diversa, aderendo ad altre formazioni politiche di centrodestra, “ma vuole impedirci di raccogliere in modo trasparente l’eredità di An”. E dall’altro “non si comprende l’atteggiamento di Storace e degli altri che, intransigenti, finiscono per ostacolare l’obiettivo di tornare uniti”. E assicura che nessuno vuole regalare a Fratelli d’Italia il simbolo di Alleanza Nazionale, “tanto meno Giorgia Meloni e Ignazio La Russa pensano di poter imporre la loro volontà unilaterale su tutta un’area politica”. Per cui secondo Alemanno l’obiettivo è un altro: un congresso costituente per coinvolgere tutti coloro che vogliono creare una nuova casa per la destra.
TEMI DELLA NUOVA DESTRA
Secondo Alemanno, oltre alla già citata “sovranità autentica”, grande spazio sarà dedicato alle primarie, aperte a tutti il prossimo 26 gennaio per eleggere ogni carica politica e periferica. Ma prima di allora occorrerà passare indenni dalla scadenza del 23 dicembre, quando le due mozioni “sconfitte” dovranno dare una risposta a quella di Meloni. E non sono escluse sorprese.
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