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Migliaia di militari americani sarebbero stati lobotomizzati

Il governo degli Stati Uniti avrebbe effettuato diverse lobotomie su alcuni militari, durante e dopo la Seconda Guerra Mondiale. Lo ha rivelato il Wall Street Journal in una lunga inchiesta, denominata “The lobotomy files“, basata sul ritrovamento di appunti e rapporti governativi, finora tenuti celati.

Si tratterebbe di circa 2 mila persone quasi esclusivamente di sesso maschile, provenienti dai campi di battaglia di Nord Africa, Europa e Pacifico, colpiti da malattie mentali e psicopatologie come la schizofrenia e la depressione, ma a quanto emergere sembrerebbero esserci anche casi di persone omosessuali.

La Veterans Administration avrebbe compiuto gli interventi tra gli anni 1940 e il 1950, in almeno una cinquantina di ospedali, senza però rendere “troppo” pubblica la prassi, al punto che il Department of Veterans Affairs dice di non possedere nessun record a proposito.

Raggiunta dal giornale, la VA ha risposto: «Alla fine del 1940 e nel 1950, l’amministrazione con altri medici in tutti gli Stati Uniti e in tutto il mondo, hanno discusso sull’utilità della lobotomia. La procedura è diventato disponibile per i pazienti gravemente malati che non avevano migliorato con altri trattamenti. Nel giro di pochi anni, poi, la procedura è comunque scomparsa all’interno delle pratiche della VA, e dagli Stati Uniti, nel momento in cui sono stati sviluppati trattamenti più sicuri e più efficaci».

Per stimolare i nervi dei pazienti, secondo il racconto al giornale di un veterano – Roman Tritz, pilota di B-17, 90 anni, uno dei pochi ancora in vita – il personale ospedaliero sollecitava i militari operati anche con potenti getti alternati di acqua calda e fredda. Tritz stesso avrebbe ricevuto 66 trattamenti di getti d’acqua ad alta pressione chiamati “Scotch Douche” e “Needle Shower”, confermati dalle sue cartelle cliniche rinvenute.

«Non si poteva fare a meno di avere la sensazione che la comunità medica era impotente», ha aggiunto al Wall Street Journal Elliot Valenstein, 89, un veterano della Seconda Guerra Mondiale e psichiatra che ha lavorato al Topeka, Kansas, ospedale della Veteran Admistration nei primi anni 1950. E, ricordando i reparti pieni di soldati ossessionato da incubi e flashback, ha sottolineato «I medici erano pronti a provare qualsiasi cosa».

La lobotomia è stato un metodo piuttosto controverso nella cure delle malattie mentali: consiste nel recidere le connessioni della corteccia prefrontaledell’encefalo, ottenendo come risultato un repentino cambio di personalità. Ma gli effetti conseguenti all’intervento sono piuttosto incotrollabili, con pazienti che spesso sono caduti in uno stato di regressione infantile. Fu questo il caso, per esempio, della sorella di JFK, Rosemary Kennedy: lobotomizzata all’età di 23 anni per i continui sbalzi d’umore e che l’intervento restituì in uno stato celebralmente infantile.

Attualmente la procedura viene pratica in rarissimi casi, soltanto in estreme situazioni di schizofrenia, in soggetti farmaco resistenti.

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