Un circo Barnum dove si assiste a un vero e proprio assalto alla diligenza di simboli e fondi? O il tentativo di riaggregare un mondo che ormai è in frantumi e pervaso da odi e rancori insanabili? La balcanizzazione della destra italiana, che avrebbe potuto registrare un tentativo di conciliazione in occasione dell’assembla di sabato scorso della Fondazione di An, accentua spaccature e guerre intestine: con da un lato il contenzioso contro l’aggiudicazione del simbolo di An da parte di Fratelli d’Italia annunciato dall’ex ministro Maurizio Gasparri, e dall’altro l’ingresso nel cda della leader dei Fratelli d’Italia.
ANOMALIE
Altro che rispetto per i valori della destra, dice non più sottovoce un vecchio dirigente missino. Il riferimento è anche al fatto che è stata licenziata (era dipendente del partito) la sorella di Mario Zicchieri, il 16enne assassinato 38 anni fa da un commando di terroristi vicini alle Brigate Rosse davanti alla sezione del Msi del popolare quartiere Prenestino a Roma. A cui si sommano le perplessità tecnico-giuridiche della votazione di sabato scorso, quando la mozione Meloni-La Russa è passata con 290 voti su 292 presenti, mentre gli aventi diritto erano quasi mille. In un video diffuso da Corriere.tv tra l’altro si può comprendere meglio il tenore degli interventi e il caos del voto. Oggetto di critica anche i finiani Lamorte e Digilio, gli unici a restare da questo lato della barricata, dal momento che gli altri cinque componenti fanno riferimento a Maurizio Gasparri, che ha già annunciato un contenzioso a seguito del voto “farlocco di sabato all’assemblea”. A chi ha chiesto ai due finiani il motivo per cui è stato avallato l’ingresso nel Cda della Meloni, è stato risposto che lo prevedeva un accordo tra ex colonnelli di un tempo, propedeutico ad un futuro allargamento dello stesso Cda (come da delibera messa agli atti) ad altri due esponenti della politica di ieri: un fedelissimo dell’ex presidente della Camera legato ad un forte gruppo imprenditoriale meridionale ed un ex viceministro (Adolfo Urso).
MOZIONI A CONFRONTO
La mozione La Russa-Meloni che assegna il simbolo a loro stessi, come riportato in neretto all’interno della nota diffusa a tutti i partecipanti, rappresenta una “tipica excusatio non petita”, secondo alcuni osservatori a conoscenza della diatriba. Ovvero: premesso che la Fondazione tutela il proprio patrimonio storico e culturale e Fratelli d’Italia non vuole assolutamente denari, si apre invece all’allargamento del Cda. La Fondazione deve tutelare il bene comune e la storia della destra italiana, ma assegna il simbolo ad una delle parti in causa.
ITER
Il cda dovrà valutare, entro il prossimo lunedì, se altre realtà vorranno partecipare a questa fase collaborativa. Per questo il senatore Franco Mugnai ha convocato nei giorni scorsi le varie anime presenti all’Ergife sabato scorso, alcune delle quali gli hanno detto chiaramente di considerare “nullo” il mandato della Fondazione che non avrebbe gli strumenti giuridici, di forma e di sostanza, per assegnare simbolo o altro a chicchessia.
IL RUOLO DI POLI BORTONE
A stretto giro è salita in via della Scrofa anche l’ex senatrice Adriana Poli Bortone, che ha portato una lettera scritta in cui si legge che il Movimento per An non si fa dare ultimatum da nessuno, e un altro ex deputato del Pdl che è stato convocato pur non avendo né cariche né posti nel cda. Quest’ultimo, secondo alcune fonti interne alle altre mozioni, avrebbe garantito di chiudere l’accordo con Fratelli d’Italia, ma per poi trovarsi spiazzato dall’opposizione del duo Matteoli-Gasparri.
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