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Vi spiego vantaggi e limiti dell’Unione bancaria alla tedesca

L’Europa trova l’accordo sull’Unione bancaria, con l’istituzione di un’agenzia e di un fondo unico per liquidare le banche in fallimento e un meccanismo unico di gestione delle crisi bancarie.
Una vera e propria rivoluzione per David Carretta, corrispondente dalle istituzioni europee di Radio Radicale e collaboratore del Foglio e del Messaggero, che in una conversazione con Formiche.net spiega condizioni, polemiche, vantaggi e limiti della riforma.

Che cosa prevede davvero l’accordo sull’Unione bancaria? E quali sono i tempi per la realizzazione?
E’ una rivoluzione. I Paesi della zona euro rinunciano alla loro sovranità bancaria assoluta. Con la Sorveglianza Unica alla Banca Centrale Europea e l’introduzione di una regola generale di bail-in per imporre perdite ai creditori privati si erano già fatti due passi avanti notevoli per sottrarre alla discrezionalità politica la gestione delle crisi bancarie. Con il Meccanismo Unico di Risoluzione, per le 300 più grandi banche della zona euro, non saranno più i governi nazionali a decidere se e quali banche vanno salvate. Né come e con quali soldi. I tempi sono stretti. Nel 2014 la supervisione unica sarà trasferita alla Bce. Nel biennio successivo arriverà il Meccanismo Unico di Risoluzione. Ma la data chiave sarà il 2016 con l’entrata in vigore del bail-in.

Ma chi pagherà davvero in caso di fallimenti di banche?
Alla fine pagheremo sempre noi, nella nostra qualità di contribuenti o clienti di una banca. Attraverso le tasse o i costi di gestione di un conto. L’obiettivo dell’Unione bancaria è rompere il circolo vizioso tra debito sovrano e banche. In questa crisi della zona euro, le banche sono costate centinaia di miliardi in termini di aiuti diretti o garanzie pubbliche, indebolendo ulteriormente la sostenibilità di alcuni Paesi. Lo slogan dell’Unione bancaria è ridurre il costo a carico del contribuente in caso di salvataggi bancari. Con il bail-in – il tanto contestato modello Cipro – pagheranno innanzitutto gli azionisti, gli obbligazionisti e i depositi sopra i 100mila euro.

E se non ce la facessero a sostenere i costi?
Poi interverrà il Fondo di risoluzione, che in modo molto progressivo – 10 anni – e compartimentato porterà alla mutualizzazione dei rischi bancari. Nella fase transitoria, se i soldi del Fondo non basteranno, il Paese della banca a rischio dovrà mettere mano al portafoglio. E se non avrà risorse sufficienti, dovrà chiedere aiuto al Fondo salva-Stati ESM, con tutto ciò che comporta in termini di condizioni imposte e arrivo della Troika. Nel 2025 è prevista una “rete di sicurezza” comune – un prestatore di ultima istanza a livello europeo per intenderci – che porterebbe a una vera mutualizzazione dei rischi bancari. Ma il cosiddetto backstop è tutto da negoziare e il negoziato durerà anni, con la Germania contrarissima.

Rispetto all’impostazione iniziale, l’accordo è più tedesco o più draghiano?
Se il parametro è la proposta iniziale della Commissione, l’accordo è tedesco: il Meccanismo di risoluzione è macchinoso e poco solido dal punto di vista finanziario. Il vice-presidente della Bce, Vitor Costancio, ne ha messo in discussione la “credibilità” agli occhi dei mercati. Ma poteva andare peggio. La Bce è riuscita ad accelerare il processo decisionale dell’Autorità di risoluzione, chiedendo una procedura di emergenza che permetta di assumere le decisioni in 24 ore. Per il resto, non credo che Draghi stia brindando. Il suo progetto era molto più ambizioso.

Alla fine è giustificata l’esultanza di Saccomanni?
Sul backstop ha vinto la Germania. Ma la lettera di Fabrizio Saccomanni è servita a non arretrare rispetto al compromesso che era stato raggiunto all’Ecofin di una settimana fa, come avrebbe voluto Wolfgang Schaeuble. Saccomanni ha paragonato l’accordo “storico” sul Meccanismo a quello “storico” di Maastricht che ha portato alla nascita dell’euro. Il pericolo è di una Maastricht 2: ci sono molte falle in questa Unione Bancaria, come con la versione originale dell’Unione Monetaria. La crisi del debito ha costretto i leader europei a porre rimedio ad alcuni dei difetti della costruzione originale dell’euro. Allo stesso modo, in caso di grave crisi delle banche, tra qualche anno i leader europei potrebbero essere costretti a rimettere mano all’Unione Bancaria. La domanda che si pongono tutti è questa: un Meccanismo così complesso nel suo funzionamento e debole finanziariamente funzionerà?

Perché su Twitter ha sbeffeggiato alcuni prof anti euro con un tweet sul golpe?
Perché secondo la loro logica fascio-grillina della democrazia, la scorsa notte c’è stato un golpe. Dei tecnocrati hanno deciso di sottrarre la sovranità bancaria agli Stati, e senza nemmeno consultare i popoli con un referendum su internet. Se e quando una grande banca italiana dovrà essere ristrutturata, la decisione di imporre perdite ai correntisti sopra i 100mila euro verrà presa da comitati lontani da Roma. Con in più il rischio di trovarci la Troika a Roma, se l’Italia non avrà le risorse per coprire i costi del salvataggio. Quel giorno i no-euro denunceranno nuovamente il colpo di Stato e l’egemonia tedesca.

Ma questa Unione bancaria non ha punti critici?
Qualcuno avverta Guarino e Rinaldi che tutta questa Unione Bancaria alla fine verrà approvata dai legittimi rappresentanti del popolo: governi nazionali e Parlamento europeo stanno adottando i vari regolamenti, mentre i parlamenti nazionali dovranno ratificare l’Accordo Inter-Governativo per istituire il Fondo di risoluzione. Organizzino convegni e forconi per bloccare la Camera o il Senato, prima che sia troppo tardi. Piaccia o meno, è così che funziona la democrazia liberale. Il paradosso degli anti-euro è che il Paese più attaccato alla democrazia liberale in questa crisi è la Germania che tanto disprezzano. È la Germania che ha imposto la via dell’Accordo Inter-Governativo per il Fondo di risoluzione, perché altrimenti si sarebbero violati i trattati. E perché, quando si tratta di soldi, sono i rappresentanti del popolo a dover decidere. Sul piano economico, la scelta è chiara sull’euro come sull’Unione bancaria: vogliamo tornare all’inflazione al 15% come vuole Bagnai e alle Fiat 127 prodotte con pessimo acciaio come vuole Borghi, oppure vogliamo fare qualche sacrificio per restituire le sue potenzialità al nostro Paese e all’Europa? Vogliamo continuare a pagare tasse e costi per la gestione politica del Monte dei Paschi di Siena e della sua crisi, oppure vogliamo delle banche che facciano il loro mestiere?



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