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Ecco l’Unione bancaria europea (a immagine tedesca)

L’Unione bancaria europea rischia di nascere già zoppa a causa dei diktat di Berlino, per nulla intenzionata a lasciare completamente nelle mani di Bruxelles e Francoforte il salvataggio degli istituti bancari del Vecchio Continente.

MODI E TEMPI DELLA RIFORMA
L’intesa – come spiega Reuters – è stata raggiunta mercoledì dai negoziatori dell’Unione europea, ed esclude i contribuenti da ulteriori salvataggi bancari. Il prossimo passaggio è l’approvazione dei ministri europei la prossima settimana.

CIÒ CHE PIACE A BERLINO
Gli obbligazionisti e i titolari di grossi depositi in una banca in fallimento a partire dall’inizio del 2016 dovranno sostenere le perdite, sul modello di quanto successo a Cipro quest’anno. La norma, se approvata di ministri dell’Unione, “renderà le perdite in capo agli obbligazionisti e ai detentori di conti superiori ai 100mila euro una caratteristica permanente della risposta europea alle crisi bancarie“.
Il compromesso introduce regole precise per la chiusura di un banca in ognuno dei 28 Paesi parte dell’Unione europea e – come chiedeva la Germania – mette in chiaro che non sono solo azionisti e governi a doverne subire gli oneri.

ASPETTI CONTROVERSI
In particolare, rivela il Wall Street Journal, Berlino ha spinto per un anticipo del cosiddetto bail-in, con lo scopo di avere una legge operativa per gestire eventuali situazioni difficili che potrebbero emergere dalle verifiche che la Banca centrale europea opererà sui bilanci il prossimo anno.
Ma le richieste tedesche sarebbero state soddisfatte non solo sul versante della tempistica.
Sarà consentito alle autorità nazionali, si legge sul quotidiano finanziario, “di utilizzare i soldi dai loro fondi di risoluzione o dalle borse pubbliche solo dopo aver imposto le perdite su almeno l’8% delle passività totali della banca. Anche dopo questo primo round di perdite, sarà consentito ai fondi nazionali di risoluzione per il settore bancario di intervenire solo per coprire un massimo del 5% delle passività totali della banca“.
Inoltre, la Germania avrebbe ottenuto che non sia la Commissione europea ad avere il ruolo di supervisore sui processi di fallimento delle banche, quando questi implicano il ricorso a fondi pubblici.

LE PAROLE DI DRAGHI
Una riforma, dunque, che in molti considerano importante, ma troppo annacquata, a cominciare da Mario Draghi. Il presidente della Bce, come riporta Il Sole 24 Ore, ha avvertito stamani che la nascita di una unione bancaria non può essere considerata “una panacea” nell’obiettivo di stabilizzare la zona euro. È un aspetto “necessario ma non sufficiente” per spezzare il circolo vizioso tra bilanci bancari e bilanci sovrani.
Il meccanismo unico di vigilanza sulle banche dell’Eurozona invece, il cosiddetto Ssm, rappresenta per Draghi rappresenta il cambiamento più significativo in Europa dalla creazione della moneta unica e dovrebbe essere operativo entro l’anno prossimo. Anche qui, però c’è lo zampino di Berlino, che è riuscita a tenere fuori dal monitoraggio le casse di risparmio e le banche cooperative, limitando la misura ai grossi gruppi bancari.

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