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Il Vaticano condanna i droni, anzi no

Le implicazioni dell’uso dei velivoli a pilotaggio remoto (Uav) non sono argomento esclusivo dei futuri manuali di diritto internazionale. Dei risvolti etici dei droni si discute già e in modo sempre crescente, in un dibattito che attraversa non solo i governi, gli apparati militari e la società civile, ma anche il mondo ecclesiastico, critico verso un utilizzo troppo libero di queste tecnologie.

L’APPELLO DEL VATICANO
L’Osservatore romano pubblica oggi un intervento pronunciato il 14 novembre a Ginevra dall’arcivescovo Silvano M. Tomasi, rappresentante permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite e altre organizzazioni internazionali a Ginevra, in occasione dell’incontro annuale degli Stati parte della Convenzione sull’interdizione e limitazione dell’uso di alcune armi convenzionali che possono produrre effetti traumatici eccessivi o indiscriminati (CCW).
Per Tomasi “le armi autonome letali e i droni, pur diversi tra loro, hanno in comune le stesse implicazioni umanitarie” e hanno il loro “aspetto più critico” nella “incapacità… di dare giudizi morali su vita e morte, di rispettare i diritti umani e di osservare il principio di umanità“. Vaste popolazioni, prosegue l’arcivescovo, “vivono nella paura costante dei loro attacchi” e “fonti attendibili parlano di un numero elevato di vittime tra la popolazione civile“.

IL DILEMMA ETICO
I droni armati – sottolinea l’arcivescovo – “sono utili proprio perché tolgono dalle mani dell’uomo una serie di funzioni importanti, aumentando la precisione e riducendo i rischi per la vita e la salute del personale militare. Tuttavia, il crescente utilizzo di una macchina preprogrammata nelle diverse fasi del processo di puntamento e di attacco confonde ulteriormente la questione di chi è responsabile se qualcosa va male“. Un dilemma emerso di recente nei raid americani in Pakistan o in altre zone del mondo, che se da un lato hanno avuto successo nell’abbattimento degli obiettivi – il più delle volte cellule terroristiche – dall’altro coinvolgono spesso malcapitati cittadini.
Le decisioni su vita e morte – rimarca – sono di una difficoltà unica, una responsabilità pesante per un essere umano e carica di sfide. Tuttavia, sono decisioni per le quali una persona, capace di ragionamento morale, è particolarmente adatta. Un sistema automatizzato, preprogrammato a rispondere a determinati input di dati, fondamentalmente dipende dalla programmazione piuttosto che da una capacità innata di distinguere ciò che è giusto da ciò che è sbagliato“.
Pertanto, conclude il quotidiano della Santa Sede, “qualsiasi tendenza a una maggiore automatizzazione della guerra dovrebbe essere gestita con grande cautela“.

IL BUSINESS DELLA PACE
Ad esprimersi oggi sul tema è anche il quotidiano dei vescovi, Avvenire, che pubblica un commento a firma di Raul Caruso, ricercatore presso la facoltà di Scienze politiche e sociali dell’Università Cattolica del Sacro cuore a Milano.
Nell’analisi vengono analizzate le ricadute per i velivoli a pilotaggio remoto a seguito della possibile attuazione del Trattato internazionale sul commercio di armi convenzionali.
Una delle criticità del testo, spiega Caruso, “attiene al tipo di armamenti inclusi. Il Trattato non comprende in maniera esplicita la grande varietà dei robot armati guidati a distanza, cioè il settore dell’industria militare in vertiginosa crescita. L’esclusione dei robot armati – sottolinea – creerebbe una divisione netta tra un mercato tradizionale regolamentato e un mercato nuovo senza limitazioni“.
Pertanto, rimarca il giornale della Cei, “si rende necessario da subito uno sforzo comune per sostenere la Convenzione sulle armi convenzionali che si riunirà nuovamente nel maggio 2014 per integrare la lista delle categorie di armamenti per comprendere in maniera esplicita la grande varietà dei robot armati”. Un provvedimento che penalizzerebbe in particolar modo l’Italia, che assieme a Usa e Israele è uno dei principali produttori di Uav, un mercato globale attuale tra i 5 e i 7 miliardi di dollari annui destinati a raddoppiare secondo alcune stime a raddoppiare nei prossimi anni.
Numeri non sufficienti per Caruso, che ritiene che includere i droni nella lista “renderà sicuramente più efficace il trattato che, una volta ratificato, costituirà in ogni caso un tassello fondamentale nella costruzione di un nuovo pensiero in merito all’importanza del commercio e delle relazioni economiche nella prevenzione dei conflitti e nella instaurazione di una pace diffusa“.


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