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Hollande, la Francia, il mondo e l’Italia

Ieri il presidente francese François Hollande ha tenuto un’importante conferenza stampa dall’Eliseo. L’incontro era importante per almeno due ragioni – come dice Libération – (più una, forse, aggiungo io). Innanzitutto si trattava della terza conferenza tenuta da quando è presidente – sì, soltanto tre in 18 mesi: niente bulimie mediatiche in Francia – e poi perché Hollande tramite l’incontro di ieri avrebbe comunicato il piano economico (e non solo) per rilanciare la Francia, che, a detta di molti, rischia di diventare il vero e proprio malato d’Europa nei prossimi anni – come ha scritto il Financial Times.

La ragione “più una”, era invece legata alla storia che coinvolge il presidente francese e l’attrice Juliet Gayet: Hollande ha preferito non parlarne – non ha parlato nemmeno della sua attuale compagna, Valérie Trierweiler. Quando uno dei 600 giornalisti presenti (venuti da tutto il mondo) ha fatto la prima domanda sui fatti – chiedendo se la Trierweiler fosse ancora la “premiere dame” – Hollande ha risposto che «le cose private si affrontano nel privato» e che la conferenza non era «il momento giusto» per parlarne.

Hollande ha invece parlato approfonditamente di economica e del piano di riforme in programma, annunciando tagli alla spesa pubblica per 50 miliardi di euro. Ha proposto un “patto di responsabilità” tra aziende e sindacati, facendo leva sulla riduzione della tasse per le imprese (30 dei 50 miliardi, sembra) e su un mercato del lavoro più competitivo, per aumentare l’occupazione. Tutto questo, secondo Le Monde, dovrebbe portare anche ad uno snellimento della burocrazia.

Il discorso di Hollande, è stato definito da tutti i giornali internazionali, come una “svolta liberale” – Les Echos ha scritto di un passaggio da «socialismo a social-democrazia» – tanto che lo stesso presidente, durante la conferenza ha dovuto rispondere ad una domanda di un giornalista, che gli chiedeva se si sentisse ancora “socialista”.

La ricerca di una via di svolta, era necessaria: non solo perché il gradimento del presidente, ha fatto registrare pochi mesi fa il record negativo, scendendo al 15% di consensi; ma anche perché, come detto, la Francia è stata considerata da diversi analisti, in una fase di declino economico, sociale, culturale e politico. Qualche giorno fa, Bloomberg Businessweek ha analizzato la situazione francese dal punto di vista dell’andamento economico. Nell’analisi si sosteneva che tra le quattro più grandi economie del continente europeo, la Francia è l’unica in cui le imprese hanno dati negativi: «La Francia ora si distingue come il malato d’Europa, mentre tanti altri paesi hanno fatto dei piccoli passi avanti. Quello di cui la Francia avrebbe bisogno è una riforma strutturale». Quasi contemporaneamente Newsweek, ha affrontato lo stesso argomento in due articoli intitolati “La caduta della Francia”. Il primo, scritto il 3 gennaio dalla giornalista americana che risiede a Parigi Janine Di Giovanni, è stato ripreso poi il 6 gennaio da un secondo articolo firmato dalla giornalista Leah McGrath Goodman, in cui si sostenevano le stesse tesi sull’economia francese, supportandole con una serie di dati presi da una nota della Commissione europea per gli Affari Economici e Finanziari del 2013. Nel frattempo sul New York Times Justin E. H. Smith – professore di storia e filosofia all’Università di Parigi Diderot – sosteneva che la Francia sembra spaccata in due paesi diversi: una “autentica” e una di “impostori”, aggiungendo che il problema più grande del paese, e percepito dalla popolazione come tale, fosse la presenza di minoranze etniche e immigrati, che comprometterebbero l’identità francese.

Le proposte di Hollande, tuttavia non hanno convinto molto l’opinione degli addetti ai lavori: l’Economist per esempio, si era già chiesto scetticamente, se queste misure “quasi liberali” – definizione che potrebbe essere un «insulto politico» nei confronti di un socialista come lui – possano davvero bastare per salvare Parigi. La rivista inglese ha battuto molto sull’esasperato ottimismo con cui il presidente francese aveva definito lo scorso anno la crisi della zona-euro «dietro di noi» e con cui aveva promesso che la disoccupazione nel Paese sarebbe scesa entro fine 2013, richiamando il presidente ad «una sana dose di realismo».

Addirittura la CNN s’è chiesta se la questione della liaison con Gayet, non fosse frutto di una studiata sceneggiatura, pensata ad hoc per deviare l’opinione pubblica dalle reali problematiche del Paese.

E in Italia? Pochi hanno resistito al farci credere che la conferenza stampa fosse organizzata per spiegare i tasselli mancanti della relazione clandestina del presidente e la bella attrice, pochi hanno centrato il punto – uno su tutti il CorSera con il bravissimo corrispondente parigini Stefano Montefiori. Va così qua da noi: non si resiste al gossip d’altronde, e Vespa ieri ci ha costruito su una puntata non proprio da “terza pagina”.

Per dire, adesso la notizia che circola con insistenza tra i media italiani è ministro della Cultura francese, Aurelie Filippetti (fedelissima di Hollande), ha revocato la nomina dell’attrice-produttrice Gayet dai membri della giuria dei borsisti per l’Accademia di Francia a Roma, che ha sede a Villa Medici a Trinità dei Monti.

(Un po’ il dito e la luna – ma questa, sottolineo, è una mia opinione).

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