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I guai di Chris Christie si complicano

In America è il “Bridgegate”, la storia che vede protagonista il governatore del New Jersey Chris Christie, ad occupare lo spazio dei media in questo periodo, soprattutto perché Christie è il candidato in pectore repubblicano per la corsa alla Casa Bianca del 2016.

Christie è considerato l’unico dei politici conservatori “eleggibili”, per una serie di questioni legate soprattutto alla sua capacità di collaborazione e alla sua trasversalità di consensi – sebbene ancora il suo nome non sia molto conosciuto in giro per il Paese, soprattutto tra i meno appassionati (e sono molti) di politica. La vicenda del ponte, in realtà ha fin qui poca sostanza (è raccontata dal Post in modo egregio), anche perché Christie ha reagito perentoriamente, dichiarando di essere all’oscuro di tutto e definendo il comportamento del suo staff «inaccettabile» – nonché accusando i membri di avergli mentito e di essere stupidi.

Su queste affermazioni, in realtà, si gioca gran parte del futuro politico del governatore del New Jersey. Infatti, se (come dice lui) la decisione di chiudere il ponte per fare un dispetto politico (creare problemi di ingorghi stradali) a Mark Sokolich, sindaco democratico di Fort Lee (cittadina della contea di Bergen, New Jersey, appartenente all’area metropolitana di New York City), fosse stata presa unicamente dai suoi collaboratori – tenendo Christie all’oscuro, e anzi, facendo passare la decisione come una necessità imposta dall’autorità dei trasporti per effettuare studi sul traffico – lo “scandalo” rientrerà a breve giro. Se invece si dovesse scoprire che Christie era a conoscenza delle mail scambiate da Bridget Anne Kelly, vicecapo dello staff di Christie – «È ora che ci siano problemi di traffico a Fort Lee», si leggeva nella più famosa – e colleghi, allora la sua testa salterebbe insieme alle possibilità di candidatura alle presindenziali.

Si vedrà.

L’altra parte del futuro, Christie se lo gioca su un’altra storia che sta venendo fuori in queste ultime ore: come se la vicenda del George Washington Bridge avesse scoperto una sorta di vaso di Pandora. La questione riguarda un’inchiesta che avrebbe come oggetto l’utilizzo di alcuni fondi destinati alla ricostruzione del dopo Sandy, il post-tropical Cyclone che nell’ottobre del 2012 si è abbattuto anche sul New Jersey, registrando danni secondi soltanto a Katrina .

Christie in quell’occasione, prese agli occhi di tutti la parte del “governatore-operaio” (come si direbbe qua da noi), lavorando ininterrottamente sia nella fase d’emergenza – la collaborazione con l’Amministrazione Obama gli fece guadagnare, oltre che la simpatia del presidente, anche grossa considerazione politica sulle sue capacità di mediazione -, sia successivamente nella fase di ricostruzione. In quei giorni, praticamente, si dimostrò tutto quello che Christie rappresenta: moderazione e spirito di collaborazione. Mettere “la cosa pubblica” prima dei meccanismi della politica, è la dote con la quale ha raccolto consensi tra gli indipendenti – e tra qualche democratico scontento -, anche spesso a discapito del gradimento dei repubblicani “nudi e crudi”, che vedono queste sue posizioni d’apertura, come una debolezza.

Ma proprio di una parte dei fondi destinanti alla riqualificazione del territorio colpito dalla tempesta, si parla: un’aliquota dei soldi pubblici che il governo federale aveva stanziato, era destinata al rilancio del turismo nel New Jersey. Ai tempi, fu istituita una gara per scegliere la migliore campagna di commercializzazione: la società di comunicazioni che si aggiudicò l’incarico, la MWW, aveva presentato una proposta da 25 milioni di dollari – che superava di ben due milioni la più conveniente.

Le accuse riguardano la correttezza nell’assegnazione dell’incarico, non proprio volto al massimo risparmio: in particolare, si contesta – e si era già contestata ai tempi – la presenza (molto forte) all’interno della campagna, della figura dello stesso Christie. Praticamente viene incolpato di aver utilizzato quei soldi – e quella campagna pubblicitaria – per promuovere se stesso più che il New Jersey. I dubbi conseguenti, sulla regolarità della gara, saranno chiariti dall’inchiesta.

Meanwhile, oggi, Christie terrà il discorso sullo stato dello Stato – praticamente una discorso sullo stato dell’Unione in piccolo, contingentato al singolo Stato. Da quanto trapelato, Christie batterà ancora su una nuova collaborazione tra repubblicani e moderati, su un nuovo spirito di gestione politica, insomma sua quella moderazione e orizzontalità per cui è stato fin qui conosciuto da chi lo ha seguito.

E dunque non solo sulla sua estraneità – e sull’onestà delle sue dichiarazioni – al Bridgegate, si gioca il suo futuro. L’inchiesta sulla campagna “Stronger than the storm” – si chiamava così il piano turistico post-Sandy – rischia di far emergere altri scenari controversi e soprattutto di presentare la parte peggiore di Christie all’ampio pubblico nazionale americano, spesso disattento alla politica lontano dalle elezioni.

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