La riforma del titolo V? Utilissima al Paese, ma c’è il rischio che un iter troppo lungo renda difficile l’accordo. E’ l’opinione di Giorgio Galli, uno dei più illustri politologi italiani, già docente di Storia delle dottrine politiche presso l’Università degli Studi di Milano, che affida a Formiche.net la sua lettura delle riforme attualmente nell’agenda politica dei partiti. Nella proposta di Matteo Renzi concordata con Silvio Berlusconi è prevista la riforma del Titolo V della Costituzione, che prevede l’eliminazione della materia concorrente. Tornerebbero quindi di competenza statale alcune materie, come le grandi reti strategiche di trasporto e navigazione nazionale; la produzione, il trasporto e la distribuzione nazionale di energia; i programmi strategici per il turismo.
Con la riforma del Titolo V si elimina la materia concorrente: è il primo grande vantaggio?
E’ sul tavolo dei partiti ma avrà un lunghissimo iter parlamentare, mentre la legge elettorale presumibilmente verrà approvata prima delle elezioni europee. Poi per tutto il resto, compresa la riforma del Titolo V e la modifica al Senato, si tratta di cambiamenti costituzionali che prevedono un lungo iter. Credo che la situazione sia estremamente incerta, non so neanche se poi verranno fatte queste riforme.
Quanto inciderebbe nello snellimento tra Stato e Regioni?
Il primo punto favorevole sarebbe nell’impedire i conflitti di attribuzioni nelle varie competenze che oggi ci sono. La questione, inventata dall’ex ministro Bassanini, è controversa e se ne discute da anni, perché ha causato una serie di difficoltà. Ma il nodo non è sul come effettuare la riforma ma sul quando, per via dei molti se che ci sono. Il cammino parlamentare sarà lunghissimo e non è detto che si giunga ad un accordo, in quanto dipenderà da molteplici fattori.
Quali?
Cosa accadrà in Forza Italia, come si evolverà la nuova segreteria del Pd, come procederà l’iter parlamentare con la doppia lettura. Per cui prima di valutare quali saranno le conseguenze della riforma, credo che bisognerà valutare se si potrà giungere ad un’approvazione.
La riforma del Titolo V comporterebbe anche un risparmio economico?
Senza dubbio, sarebbe una facilitazione procedurale, al pari della fine del bicameralismo perfetto e la trasformazione del Senato in Camera delle Autonomie. In quel caso dovrà gestire una situazione più chiara rispetto a quella attuale.
Nell’immediato, invece, il ddl presentato in Commissione Affari Costituzionali della Camera sul cosiddetto Italicum porterà stabilità?
Mi sembra un sistema molto complicato, che vuole imporre un bipolarismo forzato ad un elettorato che in realtà è distribuito in almeno tre grandi orientamenti. Quindi è una grossa forzatura, e non è neanche detto che corrisponda ai dettati della Consulta, in quanto non vi è la scelta diretta dei candidati da parte degli elettori. É pur vero che il premio è vincolato ad un certo risultato, tra l’altro con uno strano doppio turno a cui si presenteranno solo le due coalizioni maggiori. Penso al M5S, accreditato di un consenso altissimo in Italia, circa al 20%, ben più forte del Psi che era un partito importantissimo della cosiddetta Prima Repubblica. I Cinque stelle sarebbero esclusi con un puro artificio elettorale.
Crede potrebbero esserci nuovi ricorsi?
Il rischio c’è. E la Consulta potrebbe vedere tratti comuni con la legge appena dichiarata incostituzionale. Per cui l’Italicum lascia aperti molti problemi.
Come giudica le liste corte e i collegi piccoli?
É un modo di vincolare strettamente il voto, va bene che l’elettore possa conoscere meglio i candidati. Ma la scelta è molto limitata.
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