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Consigli non richiesti a Matteo Renzi. Parla la politologa Sofia Ventura

Il rischio di negoziazioni e riti del passato, il vortice della politica italiana che potrebbe risucchiare Matteo Renzi. E ancora, la possibilità che Enrico Letta comprenda il senso di un eventuale suo passo indietro e il pasticcio sulla riforma del Senato. I temi, renziani e non, dell’agenda politica nazionale analizzati per Formiche.net dalla politologa Sofia Ventura, docente all’Università di Bologna ed editorialista dell’Espresso.

Matteo Renzi: meglio a Palazzo Chigi o suggeritore di Letta?
Sicuramente non adesso a Palazzo Chigi senza passare da elezioni perché, anche se ha una personalità più decisionista rispetto a Letta, si troverebbe a dover gestire i poteri di veto che oggi certamente non favoriscono l’attuale premier. Per cui non vedo grandi passi avanti in un passaggio del genere e credo che lui ne sia consapevole.

Ha maturato ciò che lo differenzia dagli altri leader?
Sì, anche in raffronto ai “giovani” Letta e Alfano: ovvero il fatto di avere un consenso popolare che è stato misurato dalle primarie contro Bersani e in quelle contro Cuperlo. Credo non voglia confondersi con gli altri giungendo ad un ruolo di responsabilità come quello di premier senza un passaggio di tipo elettorale.

Ma nel frattempo, di fatto, si trova a giocare il ruolo di scomodo suggeritore…
Un ruolo anomalo, in qualche modo spiegabile perché ci troviamo in una fase caotica e di sovrapposizione di contingenze. Non è un ruolo semplice né appartenente alla fisiologia democratica, che invece di regola vorrebbe il grande leader di partito a capo del governo. Quella attuale è una situazione che non potrà reggere a lungo.

Quanto aiuto potrà giungere a Renzi dalle due riforme che ha in mente?
Quella elettorale è più semplice, alla fine si farà, i nodi sono su quella del Senato. Sulla riforma costituzionale credo che avrebbe dovuto immaginare un’opzione minimalista: quella di togliere il rapporto di fiducia tra Senato e governo, prima ancora che proporsi di riformare il Senato. Quest’ultima credo necessiterebbe di un dibattito un po’ più edificante di quello a cui stiamo assistendo: quando ascolto Renzi o la Boschi discutere di Senato gratis mi si accappona la pelle. Le istituzioni sono una cosa seria. Capisco la comunicazione, ma c’è un limite.

Cosa gli consiglierebbe?
Un’opzione minima che ci consenta di liberarci di questa cosa assurda che accade solo in Italia, con entrambe le camere costrette a votare la fiducia.

Tutti convergono nel dire che non si può votare nel semestre di presidenza Ue perché i mercati ci osservano, ma come farà Renzi a non partecipare, allora, al rimpasto?
Per lui è una trappola, se riuscirà a farlo sarà comunque bravo. Il nostro sistema politico ripropone le medesime dinamiche, tendendo a far cadere in tale vortice tutto e tutti. Il rischio è che ci cada anche Renzi.

Come starne fuori?
Già non far durare a lungo questa situazione sarebbe cosa buona e giusta, contrariamente Renzi resterebbe imbrigliato in questi vecchi lacci. L’auspicio è che ci si accordi sulla legge elettorale e in tempi non lunghi si torni al voto, non certo il giorno dopo, magari si potrebbero fare altre cose nel frattempo. Ma ne dubito. Guardandoci allo specchio, siamo consapevoli di essere in una situazione finanziaria drammatica, per cui credo che anche Letta dovrebbe iniziare a mostrare più senso di responsabilità e prendere coscienza che sta guidando un governo incapace di realizzare qualcosa.

Quindi un suo passo indietro?
Dovrebbe capire che una volta messi in sicurezza i puntelli principali, bisognerebbe progettare il cambiamento. Non dico che sia restìo per via di una sua volontà di restarsene a Palazzo Chigi, ma anche per via della sua cultura politica egli crede che l’unico modo di governare sia quello delle antiche negoziazioni di stampo democristiano.

Il Job Act è sparito dai radar politici: solo un’esca o vero cambiamento?
Credo rischi di distogliere l’attenzione dal vero tema che è la tassazione. Il problema del lavoro, prima ancora della pur significativa flessibilità, è il suo costo, quindi la tassazione. Per far ripartire l’economia e tornare a produrre, occorre intervenire sul fisco. Lì Renzi è ancora poco coraggioso.

Giovanni Toti può essere il Renzi del centrodestra?
I voti del centrodestra continuano ad esistere, il nodo è in un’offerta politica quasi ridicola, con una situazione alquanto grottesca da cui non si vede la via di uscita. Da un lato Alfano, che invia messaggi da vecchio politico che vuole sopravvivere; dall’altro Forza Italia, il solito partito personale con una classe dirigente non all’altezza. Berlusconi prende i voti, ma non si vede una vera capacità di rinnovamento.

twitter@FDepalo


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