Le complicazioni italiche del sistema elettorale spagnolo, le riforme propedeutiche al presidenzialismo e al “sindaco d’Italia”, la volontà politica di procedere o meno. Sono molteplici i fronti del dibattito dei partiti sul modello elettorale proposto da Matteo Renzi analizzati in una conversazione con Formiche.net da Sergio Soave, editorialista di Avvenire e del Foglio.
Perché il modello spagnolo ha sostituito nel dibattito sulla legge elettorale il presidenzialismo?
Perché per procedere al presidenzialismo è necessaria una riforma costituzionale, mentre le principali forze politiche puntano ad andare al voto in tempi ravvicinati che non consentono di modificare la Carta, ammesso e non concesso che ci fosse un accordo di merito sul come.
Quali i vantaggi per l’Italia e gli eventuali punti deboli?
Intanto bisognerà capire cos’è realmente questo sistema che chiamano spagnolo. Quello in voga in Spagna è basato su collegi provinciali, quindi abbastanza piccoli, e senza recupero dei resti. Significa che se in un collegio si eleggono due deputati, gli altri partiti che presentano altri candidati che non sono stati eletti, non recuperano quei voti in un altro collegio così come accadeva in Italia. Più basso è il numero dei parlamentari, più alto è l’effetto di correzione maggioritaria operata dal sistema spagnolo.
Ma in Italia i deputati sono il doppio…
Questo, secondo me, complicherà molto le cose. Ho sentito dire che vorrebbero istituire 108 collegi, con una media di cinque deputati per ciascuno, ma bisognerebbe ricordare che il bipolarismo spagnolo si fonda sui numerosissimi collegi con due eletti, uno del partito di destra ed uno di sinistra. Ciò crea uno zoccolo più ampio sul quale chi ha una prevalenza prende più voti non sempre con la maggioranza assoluta. Ma in Spagna i partiti locali tradizionalmente appoggiano il partito che ha preso più seggi.
Il modello del sindaco d’Italia, invece, quali controindicazioni presenta?
È di tipo presidenzialista, va benissimo però richiede un cambiamento. L’idea che si elegga un premier come sindaco d’Italia, con una forte investitura personale, e con il rischio che una nuova maggioranza parlamentare in futuro lo sostituisca con un altro, è un pasticcio.
Salvatore Vassallo, dalle colonne di Europa, asserisce che delle tre ipotesi renziane solo il Mattarellum andrebbe bene, perché con l’assetto bicamerale il doppio turno non garantirebbe un risultato certo. Che ne pensa?
Ciò è vero, ma naturalmente se si cominciasse a mettere due meccanismi elettorali eguali per Camera e Senato quel rischio, comunque esistente, sarebbe attenuato. Ma in realtà non si potrebbe abolire, perché d’altra parte non esiste alcun sistema elettorale che trasformi in bipolare un sistema tripolare. Se gli elettori scelgono fra tre partiti e non fra due è una circostanza oggettiva, alla quale nessuna legge può porre rimedio, se non con delle forzature spaventose. Che sono poi quelle per cui, con circa il 30% dei voti, si ottiene la maggioranza assoluta: le stesse che la Corte Costituzionale ha giudicato illegittime.
Il fatto che si punti sul sistema spagnolo perché non c’è tempo per la riforma costituzionale contro il bicameralismo perfetto, significa che questa modifica rimarrà lettera morta?
La questione credo stia tutta nel fatto che, al momento, non ci saranno né le riforme né le elezioni. Con l’attuale situazione politico-parlamentare non esistono le condizioni per fare le riforme. In assenza di elezioni è logico che si manterrebbe la situazione in vigore oggi. Può darsi che, mutando le cose con le urne, si creino le condizioni per procedere alle riforme: ma naturalmente si tratta di una questione di volontà politica.
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